Grand Carabs: Entrevista del 20/05/2009

Publicado el: 20/05/2009


L'uscita di “A fuoco lento” dei Grand Carabs, dimostra che in Italia c'è ancora spazio per l'originalità e per la ricerca di nuove miscele sonore, pur rimanendo in un terreno orecchiabile ed immemediato

Ho letto che sono già parecchi anni che esiste il vostro gruppo... In che anno vi siete formati? Cosa vi ricordate degli inizi?

Risponde Lorenzo: La band è stata fondata da Fabio e da me nel lontano 1994. C’era la finale dei mondiali di calcio e, tra il primo e il secondo tempo, Fabio mi ha preso da parte e mi ha detto che voleva mettere su una band. Da allora è cominciata una collaborazione che va avanti ormai da 15 anni; in questo lungo periodo il nostro stile musicale e compositivo ha conosciuto diversi mutamenti, anche perché la band ha cambiato line-up più volte, fino a raggiungere quella attuale.

Voi siete cresciuti facendo il "classico" percorso dei demo. Oggi si fa un gran parlare dei programmi televisivi che dovrebbero scoprire nuovi talenti, come "Amici" o "X-Factor". Cosa ne pensate?

Risponde Fabio: Quel tipo di programmi creano a tavolino l’artista pronto e cucinato a puntino per esser scaraventato sul mercato musicale. È impossibile che da essi emerga una variabile impazzita degna di nota, usciranno soltanto artisti già impacchettati, che “funzionano” e che non si rendano conto (oppure invece è proprio ciò che vogliono) di quanto intorno a loro si stia edificando una sorta di Truman Schow pronto ad usarli e a fagocitarli.
Una sana e faticosa gavetta permette al gruppo musicale di conoscersi meglio, capire gli obbiettivi che si vuole prefiggere, affinare le sue prestazioni, correggere i suoi difetti, confrontarsi con il pubblico vero(quello dei concerti, dalla più piccola balera al grande palco). Senza di questo si rischia di essere catapultati in un mondo molto più grande di noi, con regole, codici, tempi, richieste ecc..che perlomeno a me parrebbero ingestibili e umanamente troppo costose. Dunque preferisco farmi un bel po’ di ossa robuste nell’anonimato…se poi questa ossatura ci servirà a sostenere la “frastornante scossa del successo”..boh? chissà..ben venga...altrimenti la utilizzeremo per farci un bel brodo caldo di lesso.

Il vostro lavoro su cd "A fuoco lento" attinge dai brani già usciti nei precedenti demo? Ci sono brani inediti?

Risponde Fabio: Sì, ci sono 8 brani inediti ma anche 2 pezzi che erano già stati registrati nelle autoproduzioni. C’è Borghese, che è del 2002, ed è stata ripescata sia perché ancora ci diverte suonarla sia perché rievoca il “tempo della villeggiatura”, ovvero l’Italia degli anni ’60, del jukebox, del benessere vissuto con sobrietà. C’è poi Fritto Misto, dal demo del 2004 “La grande esposizione universale”, che è un po’ il riassunto della “poetica” dei Grand Carabs.

La copertina tra il dark e l'ironico ben rappresenta l'atmosfera di numerosi brani. Come descrivereste il vostro genere?

Risponde Lorenzo: Non penso si possa dare una risposta precisa a questa domanda, anche perché una delle cose che abbiamo sempre voluto evitare è proprio quella di fare “musica di genere”. Posso dire che ciascuno di noi viene da background musicali molto diversi e queste diverse influenze non vengono represse in fase compositiva. Ciò che ci sforziamo di ottenere è un equilibrio tra questi ingredienti, senza preoccuparci se un pezzo suona più pop o più indie.
È sicuramente presente una matrice cantautorale, infatti i testi hanno un ruolo centrale, sia per le tematiche affrontate che per la particolarità delle melodie. Per questo veniamo spesso accomunati ad artisti come Paolo Conte o Vinicio Capossela. La presenza del sax ad alcuni ricorda i Morphine, lo stile ironico e a tratti sperimentale fa pensare a Frank Zappa, ma anche ai Mr Bungle. E sicuramente la copertina, che è effettivamente dark, ma anche grottesca e un po’ “d’altri tempi”, rappresenta altrettanto efficacemente ciò che in essa è contenuto.

Quanta importanza avete dato all'aspetto "tecnico" della qualità di registrazione?

Risponde Lorenzo: Il disco è stato registrato da Donato Masci (etichetta Danza Cosmica) e masterizzato da Tommaso Bianchi (Sonic Lab). Siamo molto soddisfatti del risultato, è stato un piacere lavorare con professionisti come loro, in un clima collaborativo e di reciproco scambio di idee. La registrazione in sé è stata piuttosto veloce, non abbiamo aggiunto quasi nulla agli strumenti suonati, anche perché volevamo ottenere una sonorità il più possibile naturale, vicina a come i pezzi suonano dal vivo. Poi il sapiente mixaggio di Donato e la masterizzazione di Tommaso, che ha dato un tocco “vintage” al disco, hanno fatto il resto.

Ho trovato i testi molto interessanti. Da quale background culturale nascono?

Risponde Fabio: I testi dei Grand Carabs attingono da un grande calderone dove dentro scoviamo:
1)Dalla letteratura( Pirandello, Malaparte, Buzzati, La Scapigliatura, Edgar Allan Poe, Novelle per l’infanzia..),
2) Dal cinema(Linch, Hitchcock, Murnau, Lang, Pasolini, Kubrik, i noir degli anni 30-40, Chaplin, i Fratelli Coen e comunque tutta la cinematografia che affronta argomenti inusuali in modo inusuale)
3) Dal teatro (la passione per il macabro tipica del teatro francese del Grand Guignol)
4) Dalla musica ( De Andrè, Paolo Conte, Piero Ciampi, Quinto Rigo, Elio e le storie tese, i cantori in ottava rima)
5) Dalla quotidianità (il racconto orale: ovunque intorno a noi accadono o sono accadute vicende che non aspettano altro se non di trionfare protagoniste nella narrazione, se trovano la penna giusta che le descrive assumono le sembianze di canzoni e quando sul palco vengono narrate ad un pubblico esse si pavoneggiano per esser sfuggite all’oblio della dimenticanza). In questo senso le canzoni sono donne )

Quanto tempo dedicate alla musica nella vita quotidiana?

Risponde Lorenzo: Beh, gli impegni lavorativi di ognuno di noi e gli aspetti per così dire “logistici” con cui ha a che fare una band in generale a volte allontanano un po’ dal processo creativo; tuttavia la passione che abbiamo per la musica, il non poterne fare a meno, l’esserne quasi schiavi, in tutti questi anni ha sempre prevalso. È una cattività dentro la quale ci sentiamo liberi e ci dà la leggerezza necessaria per continuare a suonare e a scrivere nuovi pezzi.

Come si svolgono i vostri live? Date molta importanza alla scenografia?

Risponde Fabio: Si, sicuramente diamo una grande importanza all’aspetto scenografico. Per quanto riguarda l’esecuzione dei brani, viene studiata a tavolino una scaletta arricchita da diverse introduzioni(alcune sono originali citazioni di film o musiche che consideriamo evocative e attinenti al brano che introducono, altre sono una specie di brevissimi recitativi che hanno la funzione di incorniciare il pezzo in un contesto storico-culturale sconclusionato/onirico). Abbiamo iniziato a curare un po’ di più anche l’aspetto dell’abbigliamento nel senso che durante il concerto siamo vestiti un po’ come nella copertina del cd ( elegantemente oscuri, retrò ma con un pizzico di ironia).
Infine molto importante (ma difficile da realizzare a causa delle dimensioni dei palchi, della carenza di attrezzature dei locali) è l’aspetto propriamente scenografico. Dove è stato possibile abbiamo proiettato filmati rigorosamente in bianco e nero tratti da film vecchissimi degli anni 30 riferiti alle storie che ci accingevamo a narrare. Infine ci stiamo attrezzando per l’oggestica sul palco nel senso che laddove lo spazio e il tempo ce lo permettono allestiamo il palco come una sorta di scena teatrale(un pomposo salotto milleottocentesco, dove come pezzi da museo si mischiano dettagli del presente e del passato: chitarre e amplificatori, grammofoni, sputacchiere, cavi, abajour, calamai, sassofoni e mappamondi, rullanti e tappeti, tendaggi, cilindri e carillon…).

Ricordate con particolare piacere alcune date live?

Risponde Fabio: Sicuramente: un po’ tutte le date invernali dove fuori è freddo e il locale piccolo è stipato di gente che presta attenzione a cio’ che cantiamo e suoniamo.
La data che facemmo l’anno scorso alla rocca di Carmignano il 10 agosto dove sullo sfondo, alle nostre spalle c’era tutta la piana illuminata di Firenze Prato e Pistoia che un tempo fu palude…
La data esibizione-esame che abbiamo appena fatto a Roma alle finali del primo maggio dove prima che iniziassimo a suonare è salito sul palco a fare uno dei suoi deliranti proclami Remo Remotti , attore e poeta romano che stimiamo fortemente.

Con quale band vi piacerebbe suonare?

Risponde Lorenzo: Spesso quando andiamo ai concerti di altre band siamo colpiti da un certo musicista o da uno strumento particolare, da come suona in quel contesto musicale e come suonerebbe invece nei Grand Carabs. Ci sono moltissimi musicisti che ammiriamo e con i quali sarebbe un onore collaborare, ad esempio Roy Paci, che suona in contesti musicali anche molto diversi tra loro, ma anche Vincenzo Vasi e il suo theremin, il basso tuba di Mauro Ottolini, il mitico Ares Tavolazzi, quel genio assoluto di Marc Ribot e tanti altri che sarebbe lungo elencare. E poi, mi si conceda di sognare un altro po’, non mi spiacerebbe veder duettare Fabio con Mike Patton o Tom Waits.

Com'è la scena musicale a Prato? Cosa è cambiato da quando avete iniziato a suonare?

Risponde Lorenzo: Prato è sempre stata una fucina di ottimi musicisti, il problema (che poi non è soltanto di Prato) sono gli spazi dove suonare, il poco interesse che hanno i locali per le band che fanno musica originale e una mancanza assoluta di spazi di aggregazione culturale. Cos’è cambiato in questi 15 anni? Beh, a parte l’ostilità nei confronti della cultura musicale di cui sopra, è cambiato praticamente tutto. Una volta si vedevano progetti musicali ben fatti e “sinceri”, frutto di intese artistiche genuine (qualcuno ricorderà gli Otto P Notri, ad esempio) . Oggi questo è più raro e spesso la desolata landa pratese ci mostra decine di gruppetti di replicanti, con i capelli e i vestiti alla moda, gli strumenti fiammeggianti e costosi, ma poche idee sotto le acconciature.

Un'ultima curiosità: da dove proviene il nome "Grand Carabs"?

Risponde Lorenzo: Il nome del gruppo prende spunto da un disco di una delle band che maggiormente ci ha influenzato nel nostro percorso musicale, ovvero “King for a Day, Fool for a Lifetime” dei Faith No More. Nella copertina del disco infatti è dipinto un imponente “gendarme” con un minaccioso cane al guinzaglio, quello che in una trasposizione piuttosto libera e evidentemente ironica Fabio all’epoca definì “Grand Carab”. Da qui i “Grand Carabs”, che si potrebbero quindi definire come epigoni di quel modo di fare musica, che è auto-ironico e semiserio ma anche senza compromessi.