Alessio Lega: Intervista del 29/05/2017

Pubblicato il: 29/05/2017


Le onde emozionali del Mare Nero non si fermano mai …

Il 6 giugno 2017 esce “Mare Nero”, il terzo disco d’autore di Alessio Lega, in realtà negli anni autore di ben otto dischi tra traduzioni, rifacimenti, live, dunque non certo artista di primo pelo. Questo nuovo disco lo si potrebbe definire a tutti gli effetti un disco di “avanzi” nel senso di canzoni non entrate, per vari motivi, nei precedenti due dischi. Detto così potrebbe quasi sembrare un disco minore ma non lo è affatto, perché si tratta di una raccolta di brani di grande spessore in cui la storia è sempre presente, anche quando fa a pugni con la propria coscienza. Avercene di artisti come Alessio! Il disco sarà presentato ufficialmente a La Scighera di Milano il 9 giugno.

Di un disco, a colpirmi per primo, è solitamente l'aspetto esteriore, ossia la copertina, l'abito di cui è rivestito, allora ti chiedo subito com'è nata questa copertina apparentemente semplice ma, credo, fortemente simbolica, in cui il tuo nome e il titolo sembrano quasi non starci e in cui una molteplicità di lettere addensate verso il basso si diradano verso l'alto, quasi fossero pesci che faticano ad uscire dal mare in cui sono rinchiuse ... ho detto solo castronerie?

Direi che la tua lettura è non solo legittima, ma per certi versi centrata. Ti racconto non tanto la mia versione, quanto la storia di com'è nata. Di solito quando comincio a pensare a un mio disco la copertina è una delle prime cose che mi viene in mente, ma in questo caso essendo questo di gran lunga il disco più vario che ho fatto, faticavo ad averne un'immagine che potesse racchiudere tutto. Avevamo pensato a un "giudizio universale" medievale (vista l'abbondanza nelle canzoni di angeli e demoni), ma era triste ridurre un affresco nato per le grandi dimensioni a quelle del CD. Quando non ho idee mi lascio ispirare dai manifesti francesi del "Maggio 68", così ne ho trovato uno che si chiamava "Le Mur" che somigliava a ciò che volevamo ... dal muro delle parole siamo arrivati al nostro mare delle lettere. Un'onda, un cavallone che confonde le lettere in un mare di amore e libertà.

Amore e libertà ... Eri partito da "Resistenza e Amore", diciamo che, fortunatamente, non hai perso l'abitudine di cantare la vita, la storia, l'amore, i sentimenti, i combattenti, i perdenti, spesso in modo ironico senza mai aver paura di attacchi e critiche, un po' come nell'ultima traccia del nuovo disco "Petizione per l'adozione dei figli alle coppie omosessuali", vogliamo per una volta partire dal fondo? Ho già detto troppo, ti lascio la parola.

"Petizione" è una canzone che viene da lontano: un tempo sentendo un dibattito a Radio Popolare (quindi una radio caratterizzata a sinistra) venni sorpreso dal fatto che molti ascoltatori, pur approvando le unioni civili, erano inorriditi dal pensiero di bambini che crescessero in un ambiente familiare non-eterosessuale. Questo mi sorprese molto, trovo tristissimo che la paura della diversità sia più forte della capacità di autocritica per un sistema - quello delle nostre famiglie - che non ha certo prodotto solo serenità e salute mentale. Però mi sembra che la canzone sia una canzone gioiosa, giocosa, vitale ... forse questa è la vera provocazione: parlare di un tema simile col sorriso.

Hai ragione, il tono della canzone è assolutamente gioioso, un po' come quello di "Angelica matta", il brano che apre il disco con quel titolo che appare già come un ossimoro ... Chi è Angelica matta "luce imprevista che sorge dal niente / di niente addensata, però intraprendente"? Il clima di questa canzone è divertito, in netto contrasto con la seconda traccia "Canzone del povero diavolo", che sembrerebbe essere il rovescio di una stessa medaglia. Sono state scritte nello stesso periodo? Come sono nate?

Sono state scritte proprio assieme e parlano assolutamente della stessa personalissima esperienza. "Angelica matta" è un ritratto, il "Povero diavolo" un autoritratto. Se leggessimo solo il testo della prima la troveremmo molto meno scanzonata, così come la seconda, senza il suo suono "infernale", sarebbe molto auto-ironica ("ti offro tutto per quasi niente / poi ti sputtano, ti canto alla gente"). Miracoli ed equilibri della musica ...

E' vero, per questo una canzone non può essere scomposta. Spesso la musica è fondamentale e, anzi, anche i soli arrangiamenti possono cambiare totalmente o quasi una canzone, anche solo renderla più dolce e struggente, sto pensando alla nuova versione della dolcissima "Zolletta", da te dedicata a Enzo Baldoni, il giornalista free-lance ucciso dagli estremisti islamici in Iraq nel 2004, ancora più commovente se fosse possibile ...

"Zolletta" è una canzone che mi è molto cara, non solo per la storia specifica cui sono legato da molti fili: ero un lettore di fumetti e conoscevo il lavoro di Enzo Baldoni come grafico, come reporter e scrittore. Però credo anche che Enzo Baldoni sia un "uomo del secolo" cioè uno che rappresenta appieno il nostro sbigottimento di fronte alla contrapposta violenza dei poteri: sbigottimento attivo, partecipe ... innamorato, mi verrebbe da dire. L'oblio in certi casi è il nemico più pericoloso, non dimenticare Enzo Baldoni vuol dire non dimenticare un uomo giusto e soprattutto aver rispetto di se stessi. Poi credo anche che la canzone sia ironica e sentimentale quel tanto da valere la diffusione.

Devo ammettere che più d'una volta il tuo studiare la storia con una passione e una dedizione certosina, mi ha permesso di conoscere personaggi, artisti, uomini del popolo a me ignoti. In tal senso sono per me due grandi scoperte le due canzoni di altri che hai voluto qui inserire, mi riferisco a "Hanno ammazzato il Mario in bicicletta", una vecchissima canzone (1958) frutto dell'accoppiata Dario Fo e Fiorenzo Carpi e una recentissima (2014) canzone di Paolo Pietrangeli intitolata "Fiore di Gaza". Cosa ti ha colpito di queste due canzoni? Come le hai fatte tue musicalmente parlando?

Una parte importante del mio lavoro è quello di scavo e riproposizione del repertorio storico della canzone italiana. Questo scavo ha dato origine a due fortunati spettacoli multipli: "Cento anni di canzone d'autore" e "Vinili", quasi 300 canzoni entrate nel mio repertorio in tre anni. È la mia risposta al fenomeno delle "cover", l'approfondimento della Storia musicale. "Hanno ammazzato il Mario in bicicletta" è diventato un mio pallino perché è una canzone geniale, irriverente, perfetta drammaturgicamente e sta all'origine della Canzone d'Autore (è del 1958). Purtroppo è anche diventata un omaggio postumo al genio di Fo, ma questo non era previsto quando l'abbiamo registrata. Pietrangeli è il mio primo maestro divenuto amico, e le sue canzoni più recenti (come questa "Fiore di Gaza") sono forse ancor più belle di quelle storiche.

Hai parlato di lavoro di scavo e riproposizione del patrimonio storico della canzone italiana ma accanto a ciò, c'è anche sempre un tuo preziosissimo lavoro di recupero della storia in sé, della realtà storica, anche quella che s'è cercato di celare ai più, come ad esempio il massacro di centinaia di vecchi donne e bambini avvenuto ad opera degli italiani in una grotta del massiccio dell’Amba Aradam col terribile gas all’iprite e che tu hai messo in canzone per contrasto in forma gioiosa ed ironica in "Ambaradan" o come l'olocausto zingaro cui nella balcanica "Porrajmos" cerchi di restituire visibilità e dignità. In entrambi i casi noi italiani non ne usciamo proprio bene, vero?

Beh... credo che uno dei compiti degli artisti sia quello di mettere il dito nella piaga della rimozione, di provare a divertire facendo riflettere. Il giudizio sugli italiani in quanto popolo, nazione, politica lo lascio agli storici. Io posso solo dire che, per quanto ho potuto documentarmi, il motto "italiani brava gente" è solo una favola.

Mi trovi d'accordo su entrambi i temi, anzi direi che i tuoi compiti d'artista sono da promozione a pieni voti. Però anche in questo disco un po' di spazio per la sfera più personale ed intima lo si trova comunque in "Non sarai più sola", in cui canti dell'epilogo del tuo matrimonio … è già una delle mie preferite, sarà forse che sono sempre stato un sentimentale. L'ho poi ascoltata su Youtube nella versione in cui era nata (https://youtu.be/gXOpFqiYLtk), era ben più triste, forse il tempo ha addolcito tutto ed eccola allora nella veste attuale, è così?

Il matrimonio in quanto "contratto sociale" ha un epilogo, ma i rapporti sono in continua evoluzione, e così oggi il rapporto con Patrizia, la mia ex-moglie (anche gli anarchici hanno un cuore!) sono non solo sereni, ma di vera e propria amicizia... anzi ci diamo reciprocamente consigli sentimentali. Però le canzoni - se sono buone canzoni - vivono di vita propria e si evolvono per percorsi imprevedibili anche dall'autore. La trasformazione di "Non sarai più sola" da dolente melodia "alla Vecchioni" (tipo "Mi manchi") a marcetta alla Beatles, è una felice intuizione di Francesca Baccolini, bassista e co-produttrice artistica del disco, e secondo me riequilibra il pathos del racconto con la forza dell'accompagnamento.

Credo che la direzione artistica di Francesca Baccolini, unita a quella dell'amico di sempre Rocco Marchi, siano elementi fondamentali nell'ascolto del disco. Ovvio che poi c’è tutta la grazia della tua scrittura poetica e allora anche una canzone come "Maddalena di Valsusa", nata evidentemente con il fine di parlare della questione No Tav, si trasforma in una struggente ballata d'amore, con versi come questi "Che di amarti ci si accusa / nostra madre e nostra sposa / quei vigliacchi dei signori / Maddalena di Valsusa". Una delle tue canzoni più toccanti, di quelle capaci di far palpitare anche i cuori più freddi, io l'ho percepita così, sbaglio?

Ho frequentato tanto la Val di Susa, vi ho tenuto decine di concerti in supporto al movimento No Tav, di cui sono un fiero sostenitore. Mi sono innamorato di quella zona, ma soprattutto del rapporto di identità fra i valsusini e la loro terra. E così è nata questa sorta di serenata, di canzone d'amore, per una terra a rischio, bella e resistente. Ma è esattamente quello che volevo dire: la storia della Valle di Susa è una storia d'amore.

L'amore per la terra, spesso, si interseca nelle tue canzoni con quello per le persone che l'hanno vissuta o la vivono. In questo disco ci sono due canzoni che parlano della tua città nativa Lecce ("Santa Croce di Lecce") e di quella adottiva Milano ("Stazione Centrale"). Nella prima lo fai partendo da un fatto storico per altro quasi sconosciuto a tutti (ammirabile il tuo costante lavoro di ricerca storica), la seconda partendo da un luogo quasi di alienazione come la Stazione Centrale così come tutte le stazioni di Milano, una città in cui ancora fatichi a riconoscerti "Ma noi che questo posto, si sa, non ci appartiene / nascosti come l'acqua si scorre nelle vene / Milano ci è nemica come la nostra vita / Carica di speranze nell'aria intirizzita". Ho voluto accostare queste due canzoni per chiederti se, in fondo, ti senta più cittadino del mondo o alieno ad ogni luogo....

La canzone sui tre leccesi uccisi il 25 settembre del '45 - vicenda completamente dimenticata dalla mia città - è una delle canzoni che mi è costato più tempo scrivere, benché la melodia sia "presa in prestito da un canto sindacale irlandese". Ci tenevo a mantenere l'equilibrio fra la bellezza dei monumenti del barocco leccese e il sudore e il sangue di cui sono impastate le nostre città. "Stazione Centrale" è nata invece in pochi minuti, scritta per uno spettacolo teatrale che in realtà era un inno d'amore per Milano ... un amore difficile se vuoi, ma senz'altro un amore, come testimonia "La scoperta di Milano" (canzone del mio disco precedente "Mala Testa"): io adoro Milano, perciò ci litigo spesso!

Direi che il disco l'abbiamo solcato in lungo e in largo quasi fosse un mare … a proposito di mare, ci resta da parlare di "Mare Nero", una tua canzone vecchissima, che hai scelto per dare il titolo al disco, secondo me la si può già considerare un nuovo classico della canone anarchica e non mi meraviglierei di vederla cantata da altri fra qualche anno, un po' come accade per le canzoni di Brel, Ferré, ecc. Non credi?

"Mare Nero" è un brano che mi trascino dietro da quasi vent'anni nei concerti, sempre molto gradito dal pubblico, ma ogni volta che ho provato a inciderlo mi sembrava di non trovare il "tono" giusto ... dal vivo prendeva un tono a metà fra il cabaret e l'inno di piazza, ma in studio s'impantanava. Finalmente, in questo disco così eclettico, ha trovato una sua possibile anima. Resta forse l'episodio più stravagante rispetto alla scrittura degli altri brani ... e così gli abbiamo dato il ruolo di far da titolo al disco.

Se sei d'accordo, vorrei chiudere l'intervista approfittando del fatto che oggi è il 25 aprile e che tra poco sarà il Primo Maggio, due date molto importanti che però ormai per molti si sono ridotte solo a due occasioni per scampagnate e gite fuori porta. Che ne pensi? Non credi che musica come la tua abbia un ruolo fondamentale per non dimenticare mai e per guardare sempre i fatti della storia con occhio critico?

Ci sono dei generi musicali - come l'hip hop - o forme di teatro (cosiddetto) di narrazione, o ancora inchieste letterarie che hanno preso in mano il compito di riflettere sul rapporto fra la Storia e le storie. Io però credo che la canzone d'autore sia una delle forme più adatte a questo compito, perché tiene assieme il personale e il collettivo, facendo un discorso politico su un piano emotivo.


 

Alessio Lega
Alessio Lega