Delia Gualtiero

Ombre Cinesi

Recensione
Pubblicato il 17/04/2012
Voto: 6.8/10

A non più di un anno di distanza dall’esordio su long playing, Delia Gualtiero con il proprio team decide di promuovere il proprio progetto artistico senza lasciare spazio a lunghi break, cercando giustamente di sfruttare la scia della buon successo di critica e di pubblico di “Occhi”.

Mentre nell’anno precedente il lancio era avvenuto con la partecipazione alla kermesse “Vota la Voce”, in questo 1983 Delia prende parte alla bella e dimenticata rassegna della Mostra di Musica Leggera di Venezia, presentandovi il brano che dà il titolo al nuovo lavoro.

Il team di supporto è pressoché lo stesso con il duo Michelon/Tansini in fase di composizione e arrangiamento e la produzione di Red Canzian. Ingegnere del suono il bassista Renato Cantele mentre alla batteria Francesco Casale rileva Lele Melotti. Le liriche sono in prevalenza di Ambrogio Lo Giudice (come nell’album di debutto), in altri casi di Avogadro, più raramente degli stessi Michelon e Tansini. Da parte sua la nostra collabora in fase di scrittura musicale ad almeno tre canzoni che si segnalano tra le cose migliori del lavoro.

Una bella foto di Delia campeggia in copertina (con un primo piano della stessa foto sul retro) mentre nella busta interna appare uno scatto per ciascun membro della band e sul lato opposto una bellissima foto di tutto il gruppo al completo che mostra l’intesa e la perfetta chimica in essere tra la Gualtiero e i suoi amici/collaboratori.

Il disco è il fatidico “difficile sequel” che tormenta la cosiddetta opera seconda in ogni differente diramazione dell’arte e dell’intrattenimento. Costruito su una base sonora comune al primo disco con innesti di tastiere elettriche e nervose su suoni caldi di chitarre, ritmiche secche e perlopiù asciutte e la benedizione allora quasi modaiola del Fairlight sound, il disco tradisce il peccato originale di assemblarsi, forse non del tutto consapevolmente, su di una sorta di aggiornamento del file del predecessore, quasi una variante della ricetta vincente, una sua gemella non siamese ma dalle somiglianze spiccate.

L’album, comunque di buon livello, vede un esordio energico con l’aria sostenuta di “Nata per correre” (bella collaborazione tra Delia e Diego Michelon) dove il buon lavoro di mediazione tra AOR e melodia italiana si avvale - nei riff ricorrenti - dell’ornamento del battutissimo timbro marimba del Fairlight. Non le è da meno la cadenza tesa e staffilante di “Canterò” di un ispirato Tansini.

In un primo lato dove sono le atmosfere malinconiche delle stagioni decrescenti a farla da padrone, scorrono aggraziate ma un po’troppo consuete, “La vita è un attimo” e “Nevica” (quest’ultima pur con la bella scioltezza della strofa), mentre una buona “Savana Hotel” vede il duo Tansini/Michelon imbarcare interessanti sentori armonici tra Steely Dan e il Donald Fagen dell’album “The Nightfly”.

Il lato B del microsolco rivela un andamento analogo al primo unicamente nella bella aria a cadenza media di “Ombre Cinesi” per poi svelare una felice evoluzione all’insegna del recupero del tratto fresco e spigliato dell’album d’esordio. In una successione dove il solo episodio minore si trova in una “Bahia” nondimeno sfiziosa e canicolare, il lavoro trova un apice convincente nelle due ballads che ne segnano la direzione descrittiva.

Da un lato la melodia schietta e viscerale di “Con le stelle che stanno a guardare” dove l’agile immediatezza della scrittura è supportata da quel titolo che richiama un elementare eppure antico desiderio d’infinito che trova la sua più felice espressione in una delle più belle frasi tratte dalle liriche di un album di Delia. “Una canzone d’amore con lo stesso calore di una fetta di pane che la mangi e il sapore rimane”, passaggio che rivela una disarmante e non comune semplicità di sguardo.

Dall’altro “Io e Francesca”, autentico reperto di alta scuola nel disco. La grande intesa Michelon-Tansini ci regala un cadenzato medio-lento pensoso e liquido disegnato dal Fender Rhodes e portato ad alti livelli di intimità e di nostalgia dalla voce della Gualtiero che si erge tessendo trame in bilico tra dramma e senso di perdita.

L’album si chiude con “Gocce di musica”, buona escursione pop-rock reminiscente di certi ribattuti cari a Cristopher Cross, Journey e Tozzi lasciando l’ascoltatore con una bella sensazione di vitalità.

Transizione sì ma di alta classe e in attesa del seguito dove Delia saprà sorprendere andando a vincere la sfida con le insidie tese dal livellamento sonoro dei pieni anni ’80.

Ombre Cinesi (1983)
Delia Gualtiero - Ombre Cinesi

Delia Gualtiero

Ombre Cinesi

Lp, 1983, Polydor

Brani:

  • 1) Nati per correre
    (Diego Michelon - Delia Gualtiero - Ambrogio Lo Giudice)
  • 2) Nevica
    (Marco Tansini - Ambrogio Lo Giudice)
  • 3) La vita è un attimo
    (Marco Tansini - Diego Michelon)
  • 4) Canterò
    (Marco Tansini - Delia Gualtiero - Oscar Avogadro)
  • 5) Savana hotel
    (Marco Tansini - Diego Michelon)
  • 6) Ombre cinesi
    (Diego Michelon - Delia Gualtiero - Oscar Avogadro)
  • 7) Io e Francesca
    (Marco Tansini - Diego Michelon - Ambrogio Lo Giudice)
  • 8) Bahia
    (Marco Tansini)
  • 9) Con le stelle che stanno a guardare
    (Diego Michelon - Ambrogio Lo Giudice)
  • 10) Gocce di musica
    (Marco Tansini - Oscar Avogadro)

Informazioni tratte dal disco

Produzione e realizzazione. Red Canzian
Arrangiamenti: Diego Michelon e Marco Tansini
Ingegnere del Suono: Renato Cantele
Assistente di Studio: Fabrizio Pozza
Inciso e mixato allo Studio “Green House” di Cittadella (Pd)
Nei mesi di luglio e agosto 1983
Transfer “Half Speed” effettuato da Marco Inzadi agli Idea Studios (MI)
Cover: Jolanda Lanero
Photo: Roberto Rocchi

Diego Michelon: Piano Acustico, Piano Yamaha, Fender Rhides, Prophet 10, Fairlight
Marco Tansini: Chitarre
Renato Cantele: Basso
Francesco Casale: Batteria
Red Canzian: Basso in “Con le stelle che stanno a guardare”

Back Vocals: Delia Gualtiero, Marco Tansini, Simona Zanini

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