Patrick Trentini: Intervista del 03/10/2013

Pubblicato il: 27/11/2013


A cosa si deve l’ironico titolo del tuo nuovo lavoro “Sparate sul pianista”?

Il titolo è un invito a rompere gli schemi, a sfatare la figura del pianista austero e "inarrivabile" per avvicinarsi invece di più al grande pubblico.

La scelta della copertina, molto “casual” cerca di mettere a proprio agio l’ascoltatore, divincolandosi dal classico stereotipo del pianista in abito elegante?

Le immagini legate a quest'album fanno indubbiamente parte dello stesso "disegno", dove appunto si tende a portare il pianista su di una dimensione più "moderna".

Quanto tempo ha richiesto la composizione di questo lavoro? E’ stato un processo di creazione più istintivo o cerebrale?

La creazione parte da cellule istintive che vengono poi sviluppate mediante procedimenti spesso marcatamente cerebrali; dalle prime idee su carta alla pubblicazione vera e propria dell'album sono passati non meno di due anni.

In un mondo rapido e distratto, come viene accolta la musica strumentale? In quali generi musicali si inserisce la tua proposta?

Credo che ci sia ancora interesse per la musica strumentale, e mi piace immaginare l'ascolto del mio album come un'operazione "esclusiva", non di sottofondo. Dal punto di vista del genere lo definirei un album di pianoforte pop i cui contenuti sono però fortemente condizionati dal mio background classico.

Come spiegheresti ad una persona abituata ad ascoltare brani cantati, l’assenza delle parole? Si può paragonare alla differenza che c’è tra un libro ed un film, dove nel primo c’è maggiore spazio all’immaginazione?

Sì, lo trovo un paragone decisamente efficace. I titoli spesso portano verso immagini distinte ma in molti casi mi piace lasciare spazio alla suggestione creativa di chi ascolta.

La musica di “Sparate sul pianista” mi infonde una certa malinconia di fondo, ma anche un senso di pace. Sei d’accordo?

Pienamente. Ci sono le mie due anime, quella triste e quella serena. Parallelamente ci vedo l'alternanza tra momenti di quiete e "vortici" di tecnica e movimento. Tali alternanze rispecchiano appieno la mia personalità.

Nelle note introduttive presenti all’interno del cd, sembra di capire che ci siano stati degli eventi tristi che in qualche modo hanno influenzato la composizione di questo lavoro.

Ci sono due brani dedicati a cari amici scomparsi troppo presto: "97 metri" è per Paolo Palamara, mentre "Ancora un viaggio" è dedicata al violoncellista Lorenzo Corbolini. L'intero lavoro ha poi cominciato a prendere forma nel momento in cui mi sono completamente ritirato dalla scena concertistica a causa di una grave malattia che aveva colpito mia moglie. Ora lei è guarita, e l'unico "strascico" rimasto è la nostra voglia di impegnarci a fondo per stimolare più persone possibili ad informarsi sulle patologie ematologiche e portare un aiuto concreto ad enti "vitali" come AIL e ADMO.

Come descriveresti il rapporto tra te e il pianoforte? Quanto tempo dedichi agli esercizi?

Con il pianoforte è amore puro. Non ho mai avuto momenti di conflitto, anche perché lo strumento è un interlocutore sincero e clamorosamente equo: se studi restituisce meraviglie, se non studi ti castiga. Io lavoro al piano il più possibile, senza distinzioni di giornate: quando non mi dedico alla didattica passo ore dividendomi tra lo studio, la scrittura, la trascrizione, l'arrangiamento. Ormai non potrei nemmeno più farne a meno.

La generazione nata e cresciuta con l’mp3 riesce ad apprezzare certe cose, oppure ti rivolgi ad un pubblico più maturo?

Scopro con enorme piacere un pubblico variegato per quanto riguarda l'età ma con una forte componente giovanile. Tale impressione è supportata anche dal fatto che i miei dischi vendono di più in digitale che in formato fisico (chiaro segnale di utenza più "smaliziata" con le attrezzature informatiche), sebbene anche il CD di "Sparate sul pianista" stia andando decisamente bene.

Arrivi da una formazione prettamente classica, con un diploma di pianoforte al conservatorio di Trento. Poco si parla della qualità dei conservatori in Italia. Come valuti il livello medio?

Sono sinceramente perplesso dalla riforma dei Conservatori: è problematico che gli studenti attuali arrivino ai diciotto/diciannove anni (età in cui entrano in Conservatorio, divenuto infatti università) con una preparazione analoga a quella che si aveva frequentando il vecchio ordinamento, il che - nella maggior parte dei casi - significava cominciare i corsi di strumento interni all'Istituzione con la prima media. Tale problema viene poi acuito dal piano di studi, ricchissimo di materie complementari ma secondo me troppo poco orientato alla pratica dello strumento. In questo modo si formano figure probabilmente più "colte" ma meno "abili".

Ti sei occupato sia di musica classica, che di musica “pop”. E’ facile per te gestire due mondi così differenti?

Non solo è facile, ma è magnifico. Trovo mostruosamente stimolante passare nella stessa sessione di lavoro dagli studi di Chopin alle trascrizioni dei più bei voicing o assoli di Danilo Rea.

Facciamo un salto indietro nel passato, nel 2006 quando è uscito il tuo primo EP intitolato “Borderline”. Sei soddisfatto dei risultati, dal punto di vista artistico?

"Borderline" (le cui tracce sono ora racchiuse nella raccolta "The Piano Collection") è stato un breve album di esordio, una piccola scommessa. Sono indubbiamente soddisfatto della risonanza ricevuta da questo lavoro: non credevo avrebbe avuto risalto tale da spingermi a proseguire decisamente in questa direzione, anche perché sono stato - per certi versi - uno dei "pionieri" di questo genere. Ora i pianisti pop spuntano come funghi, rischiando di inflazionare il settore, ma sette anni fa gli artisti che si occupavano di questo tipo di musica si contavano sulle dita di due mani.

Ho letto che il tuo primo EP, pubblicato inizialmente solo in digitale, ha raggiunto la seconda posizione tra gli album New Age. Al primo posto c’era “Onde” di Ludovico Einaudi. Come valuti questo artista?

Non mi è facile esprimere un'opinione su Einaudi. Indubbiamente intendo il pianoforte in un modo un po' diverso, meno "etereo", ben più impegnato dal punto di vista strumentale e più complesso dal punto di vista armonico: credo però che la sua "semplicità" (strumentale e compositiva) sia proprio l'elemento caratteristico sul quale ha fondato tutta la sua produzione, e i risultati in termini di pubblico e vendite gli danno indubbiamente ragione. Credo ci sia spazio per entrambi i modi di concepire il pianoforte moderno.

E Giovanni Allevi? Tutto lo spazio mediatico che è riuscito a conquistarsi è abbastanza anomalo nel panorama italiano.

Come pianista Allevi è bravo. Mi lascia più perplesso dal punto di vista direttoriale, ma quando suona è indubbiamente "a posto" e ha scritto alcuni brani davvero molto belli. Qualche anno fa ci siamo addirittura scambiati qualche mail di complimenti reciproci. E' sicuramente un prodotto di marketing, ma la formazione c'è tutta e credo venga attaccato con troppa veemenza. Certo non lo aiutano alcune dichiarazioni un po' avventate, ma credo che anche queste facciano parte di un geniale disegno di promozione finalizzato a mantenere alta l'attenzione sulla sua figura. Sono certo che se al termine di questa intervista io mi definissi il nuovo Beethoven, a cui magari hanno addirittura aggiunto il ritmo come optional, verrei ascoltato molto di più e - parallelamente - riceverei molte mail di insulti.

Tornando al tuo lavoro “Sparate sul pianista”, è stato difficile dare un titolo ai brani?

Direi di no; nella maggior parte dei casi i brani nascono da situazioni di vita vissuta, e di conseguenza il titolo è già parte integrante del processo di scrittura.

Quali sono le influenze artistiche che si possono intravedere nei tuoi brani, a livello compositivo?

Gli imprinting sono probabilmente molti, ma non dichiarati. Tutto ciò che entra nei miei ascolti viene elaborato per poi tornare - con ovvie personalizzazioni - nei miei processi compositivi.

Ad una persona che si volesse avvicinare alla musica classica, consiglieresti la lettura di qualche libro per cercare di comprenderla meglio?

Forse consiglierei una bella ricerca su YouTube usando alcune chiavi come "Arturo Benedetti Michelangeli", "Sviatoslav Richter", "Arthur Rubinstein" o "Vladimir Horowitz": credo che l'innamoramento diventerebbe inevitabile.

Quali sono gli artisti musicali che ami di più?

Per la classica ho appena fatto i nomi di quattro esecutori. Sugli autori sono un romantico, cito Chopin, Liszt e - spingendoci "ai lati" del romanticismo - Rachmaninov e Mozart. Per quanto riguarda la musica leggera (e rimanendo fedele alla prassi di indicare quattro nomi) "rimango" in Italia con Fabio Concato, Claudio Baglioni, Fiorella Mannoia e Ivano Fossati.

Vivere di musica al giorno d’oggi è difficile?

Tanto difficile quanto bello.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Hai qualcosa da aggiungere?

Grazie a voi, spero di sentire molti pareri sul mio ultimo lavoro. In poche parole.... sparate sul pianista!

Patrick Trentini