Simone Agostini: Intervista del 17/09/2009

Pubblicato il: 17/09/2009


E' appena uscito il suo primo cd, green e abbiamo voluto approfondire con delle parole, un lavoro che di parole non ne ha.

Un disco interamente strumentale: scelta o necessità?

E'assolutamente una scelta. Non ho avuto nessun vincolo nella realizzazione di questo disco, quindi penso che al momento rappresenti al meglio il mio modo di esprimermi in musica.

Com'è avvenuta la composizione dei brani?

Ogni brano ha una sua storia alle spalle. Sicuramente "green" raccoglie brani molto differenti che ho composto in 7-8 anni circa.

Il disco sprigiona una certa passione per la natura. Qual'è il tuo messaggio a riguardo?

Credo che l'arte sia sempre rappresentazione del mondo. Un bravo artista riesce a raccontare ciò che lo circonda. Alcuni generi musicali rappresentano benissimo il caos delle nostre metropoli, così come molti brani riescono spesso ad evocare i luoghi in cui nascono. I miei brani nascono principalmente dal verde dei boschi e dei prati di alta montagna. Ed in particolare da quelli abruzzesi che amo profondamente. In definitiva direi che come c'è chi vede il mondo nero o bianco, così io lo vedo verde.

Sei soddisfatto della riuscita del disco? E' tutto come avevi immaginato prima della sua realizzazione, o cambieresti qualcosa?

Sono abbastanza soddisfatto, anche se penso che di poter migliorare di molto. In un certo senso "green" nasce anche dall'esigenza di mettere un punto al cammino fatto finora. Però in definitiva il risultato ha superato le aspettative iniziali, quindi mi posso ritenere soddisfatto.

Quanto sono importanti la tecnica, la composizione e la qualità di registrazione?

Beh, sono assolutamente tutte cose importanti. In generale però credo che la tecnica debba sempre essere a servizio della composizione: la tecnica fine a se stessa porta lontano della vera musica.
Una buona registrazione la si ascolta volentieri, ma una buona composizione registrata male per me è sempre meglio di una cattiva composizione ben registrata. In definitiva tecnica e qualità audio devono sempre essere a servizio della musica.

Non deve essere facile portare dei brani interamente strumentali davanti ad un pubblico pubblico.

Lo credevo anche io, invece mi sono dovuto ricredere: ho notato che i miei concerti vengono seguiti con piacere da persone d'ogni tipo. Infondo le sole parole non sono il fondamento della musica, sennò avrebbero più successo serate di sola poesia. Credo che le parole aiutino a capire meglio i brani, io nei miei concerti cerco sempre di introdurre ogni brano con una chiara spiegazione, e questo mi sembra essere molto d'aiuto. La musica è l'arte forse meno esplicita tra le arti, ma la sua inconsistenza ha la forza di arrivare dritta al cuore...allora a volte le parole ostacolano anche...

Per te era importante realizzare qualcosa di unicamente tuo?
La scelta di utilizzare solo la chitarra acustica per l'intero disco, si può considerare da un certo punto di vista, molto poco commerciale.

Si si, è assolutamente molto poco commerciale. Ma infatti come dicevo prima, ho semplicemente usato la chitarra per raccontare il mondo che mi circonda, senza particolari aspettative economiche.

Come è nata la passione per questo strumento?

Io in realtà amo quasi tutti gli strumenti musicali. A 10 anni al momento di iniziare le scuole medie chiesi a mia mamma di segnarmi ad una sperimentale di musica per imparare a suonare il piano. Lei mi disse che in casa per un piano non c'era spazio, così scelsi di suonare la chitarra...e da allora suono la chitarra.

Quali sono i tuoi "maestri" della chitarra?

Il mio chitarrista preferito è l'americano Michael Hedges, se suono l'acustica lo devo all'incontro con la sua musica. Pierre Bensusan, da cui ho seguito un seminario in Francia, penso sia uno dei più importanti esponenti del genere al mondo. La sua musica al momento mi sta influenzando in particolar modo.
Paolo Giordano probabilmente per me è il maestro per eccellenza, nel mio essere chitarrista, molto lo devo a lui.

Simone Agostini