Banjo or freakout

Banjo or freakout

Revisión
Publicado el 21/03/2011
Votar: 7/10

Un disco è un po’ come una passione. Ti riesce a catturare solo se riesci a cogliere un particolare che risponda al tuo immaginario intimo. Solo se ti cattura, ti concentri su di esso. Solo concentrandoti sulle sfumature, mescolate con le tue emozioni personali, cogli un mondo tralasciato al primo passaggio.

E così via … A quel punto inizierai a ripassare le canzoni più volte e più volte. Arriverai a un punto di “consumo” in cui potrai discernere l’infatuazione dal valore, l’irrazionalità dalla razionalità. Ma come tutte le passioni non è detto che tutto quello che ci “prende” sia misurabile con lo stesso “metro”, né che abbia senso farlo.

Il disco omonimo dei Banjo or Freakout , alias Alessio Natalizia voce e chitarra dei Disco Drive, (… sentitevi un po’ i loro lavori!) continuo ad ascoltarlo da tempo. Non faccio che intervallarlo con pause più o meno lunghe di “sedimentazione”; ma non riesco a fissarlo, a prenderlo per la coda. Non riesco a convertirlo in un giudizio definitivo.

Credo di poterlo catalogare peccando di superficialità, ma quando meno me lo aspetto vedo la copertina lì in bella vista nella mia stanza, cado nell’ “errore” di darci un’occhiata sfuggente … e di riascoltarlo! Il gioco è fatto: che mi frulla per il cervello?

A questo punto, come per una persona che non si conosce fino in fondo, si comincerà a parlare di cose generiche, di dettagli pretestuosi e più si cerca di domare il primo pensiero che vi è passato nella testa e più perderete tempo a introdurlo con altre disquisizioni … Insomma, il disco deve suscitare emozioni come la vita … Ogni cosa può suscitarla … E allora esplicitiamo la scuffia:

Questa passione mi fa star bene … A un disco non si chiede niente di più, niente di meno. Diciamolo subito, in apertura, … senza paura di osare.

Natalizia con questo nuovo progetto cerca di saltare da un cavallo in corsa a un altro. Da un’elettronica sperimentale passa a un’elettronica “da camera” prodotto curato, misurato e carezzevole. Il suono lineare, ma plastico. La formula compositiva “easy”, ma raffinata. Tutto pare fermarsi un attimo prima di stroppiare. Una goccia di rugiada che diventa bellezza nella sua semplicità. Forse questo è anche il limite più grande del disco. La semplicità ha il vantaggio di essere fresca, ma non sempre viene presa sul serio fino in fondo. Osare a volte fa rima con incantare.

Parlare dei testi è pleonastico, perché è la musica la regina incontrastata di questo brivido che corre per tutto il corpo. Abbiamo certo i pezzi forti, quelli in cui deponiamo la riflessione per la fiammata, la misura per l’esaltazione , dove gli schemi saltano in funzione degli istinti. A quel punto s’intravvede la via di fuga.

I vari episodi dell’album sono come sogni, un guardare il mondo dal finestrino del treno, dove tavolozze impiastrate ci vengono servite in rapida successione formando un’unica sensazione dilatata.

Pop onirico, mi si farà notare!

105” è una soave ninna nanna che ci fa percorrere gli spazi vuoti di una distesa verde tra fili d’erba, roccia nuda e il profumo della nebbia. Con “Go ahead” l’aria si fa ancor più delicata e sospensiva, una dinamica celeste che rivela l’ascesa verso orizzonti inimmaginabili. Tra le note sembra di riconoscere un cantato alla Ian Brown degli esordi e le ambientazioni tipiche delle suggestioni islandesi targate Jimmy LaValle da San Diego.

L’Album comincia a svoltare decisamente verso connotazioni puramente elettroniche e reminiscenze space-kraut con “Can’t be mad…” terreni in solitudine, freddi, un procedere ovattato che sfuma in qualcosa che ricorda i Talk Talk più crepuscolari. Tutta la parte centrale del lavoro è un divenire di stimoli sensoriali modulati in crescendo sino a “Full Enjoy”, dove un lento fluire di magia orientale, ascolto e controllo del proprio corpo, finiscono per destare riverberi “radioheadiani” dell’ultimo decennio.

Dear me” è una dedica al proprio inconscio, una corsa nella notte, uno sballo che associamo ad una ruota che gira…

Lascio per ultima seguendo la struttura del disco,”I don’t want to start”. Rarefatta, surreale un suono o forse meglio un’ambientazione che abbraccia un trend consolidato da un po’ di anni: dagli avanguardisti Sigur Ros agli ultimi Mercury Rev, un percorso che ha avuto il merito di restituire al termine pop la sua valenza più nobile.

Banjo or freakout - Banjo or freakout

Banjo or freakout

Banjo or freakout

Cd, 2011
Género: Pop , Ambient , Ambient

Canciones:

  • 1) 105
  • 2) Go Ahead
  • 3) Can't Be Mad For Nothing
  • 4) Move Out
  • 5) Idiot Rain
  • 6) Fully Enjoy
  • 7) From Everyone Above
  • 8) Black Scratches
  • 9) Dear Me
  • 10) I Don't Want To Start All Over Again

Información tomada del disco

Data di pubblicazione: 22 febbraio 2011 (Europa); 8 marzo 2011 (USA).
Label: Memphis Industries (Europa); Rare Book Room (USA)
Registrato con Nicolas Vernhes negli studi Rare Book Room di New York.

Alessio Natalizia: voci/chitarra/synth/programming/batteria

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