Marnit
Marnit
Un bel manipolo di produttori, musicisti e addetti ai lavori di certa area musicale fertile e creativa dell’estremo nord-est italiano, tiene ufficialmente a battesimo un nuovo talento della musica nostrana al femminile. Il fiocco rosa nel mondo delle sette note è per la giovane Marnit Calvi, italo-mitteleuropea dalla figura longilinea, sottile e aggraziata come il repertorio nel quale si cimenta con la preziosa collaborazione di un trio che vede il talentuoso duo dei fratelli Remo e Marco Anzovino in fase di regia e quale fulcro creativo del progetto, e ancora l’apporto lungimirante del produttore manager Alberto Zeppieri (friulano di stanza a Milano) anche in fase di ausilio nella stesura dei testi.
Il tutto in un intersecarsi senza requie dei singoli ruoli che sa di compromesso virtuoso tra le varie competenze e i rispettivi talenti. In tutto questo – e con la squadra completata con altri turnisti di lusso tra i quali l’eccellente Alberto Milani (Chiara Canzian) alle chitarre – risalta il particolare e fecondo sodalizio artistico tra l’artista triestina e il chitarrista-compositore-arrangiatore friulano Marco Anzovino. Sodalizio che – senza essere isolato dal contesto – finisce per tracciare inesorabilmente quello che è il codice genetico del disco.
Che è – va detto – un bel disco d’esordio dove la squadra in campo offre un primo spiraglio per un ispirato lavoro di sintesi, ridisegnando metodi e accenti di certo pop melodico dal tratto raffinato e imparentato con le più vive e non omologate istanze d’autore.
Un percorso nel quale il comune denominatore, l’incipit ispiratore è offerto da padri nobili quali Matia Bazar sia come gruppo, sia nelle sortite soliste (il Marrale in proprio o quello di una bella collaborazione con Lauzi), sia come espressione delle sue differenti tendenze storiche dal periodo raffinato elettronico con contaminazioni esotiche annesse, al ritorno alla lineare e schietta melodia di marca tipicamente nazionale.
Senza trascurare le varie emissioni che hanno visto alternarsi – sulla scorta della grande eredità del canzoniere battistiano – nomi quali Audio 2, Lavezzi, il Baldan Bembo scrittore per Mia Martini e il vincolo Mogol/Bella.
Il disco è così un concentrato a tratti pregiato di questo approccio puro e cristallino alle strettoie insidiose del bosco e del sottobosco melodico. Partendo dal tango vivace ma sobrio di “Amaranto”, si passa per “La Casa Gialla” il cui dolce afflato reca sottili rimandi alla celebre “Casa Bianca” di un grande sottovalutato come Don Backy e passa in rassegna il delicato e puro distillato vocale della nostra.
Con “Ossigeno e Marea” il team compositivo declina con grande misura il senso del proprio incontro artistico in una piece che è al contempo stringata e impetuosa. Forgiata con abilità da Remo Anzovino e sorretta da un grande arrangiamento che poggia su una serrata alternanza tra scrittura melodrammatica degli archi e tango maliardo e fascinoso delle strofe, si evolve in maniera sottilmente malinconica nelle risoluzioni di un refrain punteggiato da un efficace tappeto di chitarre. Il canto di Marnit che si fa qui limpido e variegato tra la già riconoscibile purezza nativa, i morsi ironici e un tono nostalgico, racconta un testo (scritto insieme a Zeppieri) che si affaccia sulle oscillazioni e le fragilità affettive segno dei tempi.
L’ideale prima parte del disco – quella più omogenea e compatta – si chiude con “Quello che imparo da te”, autentico scroscio di melodia di taglio tradizionale reso dalla penna di Marco Anzovino con accorato e avvolgente senso della rappresentazione.
Senso e direzione che viene in parte a mancare in analoghe incursioni sul terreno del melodico verace (“Non mi pento” e “Per le mie Ali”) e che fa di nuovo breccia in maniera quasi inaspettata nelle fresche risoluzioni folk ora con il respiro pop-reggae di “Occhi Verdi”, ora con l’indole festosa e liberatoria di “Movimento”, altro singolare pezzo di bravura allestito dall’ensemble titolare che, tra testo e musica, tratteggia un’irresistibile danza popolare che evoca fragranti profumi sospesi tra paesaggi primaverili e scorci mediterranei con la voce di Marnit che si fa qui estroversa e dilagante.
Il riverbero “ventoso” di “Favole” chiude dignitosamente l’opera prima di quest’artista che va salutata come un tentativo pienamente apprezzabile di ridefinire canoni e codici della canzone melodica d’autore all’interno di un sano e ben congegnato approccio di squadra, il tutto supportato da una voce che già si pone con un proprio humus e una singolarità non riducibile ad altri modelli.
L’auspicio è che l’integrità di questo incontro di esperienze, abilità e creatività possa essere preservata in vista del seguito di cui questo debutto non faccia che accrescerne un felice senso di attesa. All’interno della tradizione ma senza palliativi e facili vie di fuga.
Marnit
Marnit
Information taken from the record
Produzione
Numar Un
Artisti
Marnit Calvi, Marco Anzovino, Remo Anzovino, Federico Piccin, Alberto Milani e Valeria Pozzo
Arrangiamenti
Marco Anzovino e Remo Anzovino
Registrazione
Luca Lenardi e Federico Piccin presso Atracoustic Recording Studio di Pordenone