Giorgio Conte

C.Q.F.P.

Recensione
Pubblicato il 02/02/2012
Voto: 8.5/10

Un’home-production divertente e di sopraffina eleganza

 

Un grazie speciale a Michela, Lucilla e Tommaso per essersi fatti amorevolmente sconvolgere nelle loro casalinghe abitudini; a mio fratello Paolo per il privilegio concessomi di interpretare la sua “Monticone”; a Tell, Zed, Jeff e Tapis per non aver abbaiato e Bis per non aver miagolato durante le registrazioni.”

Penso che questi ringraziamenti di Giorgio a fine libretto inquadrino perfettamente più di tante inutili parole la vera natura di questo nuovo progetto che, nel valutare i migliori dischi del 2011, ho definito un riuscito esempio di home-production.

Già, perché il pigro Giorgio questa volta ha voluto realizzare tutto quanto senza neppure muoversi dalla propria casa immersa nella collina di Viatosto alle porte di Asti, si è fatto aiutare dall’amico fisarmonicista Walter Porro che l’ha accompagnato in questa splendida avventura musicale suonando non solo la sua amata fisarmonica, ma anche il pianoforte di Giorgio (uno Steinbach non di gran pregio), pietra e falce, scatole di chiodi, i piatti di una batteria giocattolo che Giorgio usava da bambino e tanto altro.

Lo stesso Giorgio si è cimentato con chitarre, alcuni carillons e creando alcuni effetti speciali con alcuni richiami di tortora, quaglia, poiana, civetta, gallo domestico, cinghiale in amore.

Gli altri musicisti? Non ci sono altri musicisti, ci sono solo Giorgio e Walter ma non crediate di annoiarvi, qui non c’è nulla di cui annoiarsi, anzi ci si diverte perché la buona musica non manca e la consueta ironia di Giorgio è agli apici.

Si parte con la title-track “C.Q.F.P.” un inno gioioso alla propria pigrizia “Noi due all’asciutto / e chi se ne frega / se di là dei vetri / sta cadendo il cielo” che in queste giornate d’intenso freddo e neve mi trovo di condividere pienamente, il motivo come dicevo è notevolmente festoso e di quelli che vien subito voglia di canticchiare, una novità è la moderata presenza di spruzzatine elettroniche costituite dalla programmazione ritmica di Walter Porro.

La memoria con il passare degli anni si sa che comincia a fare cilecca, questo è l’assunto di “Ieri si”, chissà perché le cose piacevoli però, anche quelle legate a un lontanissimo passato, non si scordano mai e, accostate, possono creare un dolcissimo quadretto “Dei miei primi calzoni lunghi / di una rubata sigaretta / di una rossa bicicletta / di una’enigmistica interrotta / di un respiro spezzato / di un biglietto da mille lire / per un amore comprato”. Miracoli della nostalgia.

Poi viene l’amore, tanto amore, quello affrontato con la consueta delicatezza in “Tu” con quell’invocazione finale “Tu, stammi a sentire / Tu, solo un minuto / Tu, non gridare / Tu, fammi sognare”, quello dolcissimo della successiva “Di vaniglia e di fior” dove ai richiami si sostituisce il fischiettare quasi afono di Giorgio e in cui è in atto una caccia al tesoro e il tesoro è “un besito d’amor” smarrito chissà dove “In cantina, chissà? / O in solaio, chissà?”.

In “Aria, terra e mare” c’è poi un classico di Giorgio, il tema dell’addio o meglio dell’uomo abbandonato, il protagonista sembra quasi chiederselo in anticipo come potrà finire questo rapporto “Quando te ne andrai / e so che te ne andrai / come sarà l’addio / che mi confezionerai / Sarà un sorriso tenero / una carezza languida / una frase acida / una sequenza rapida?”, in questi casi entra in gioco l’arma dell’ironia “E’ stata colpa mia / io dovevo sparare / Ti avevo sul mirino / non c’era da esitare / Adesso ho un bel cercare / per aria terra e mare”.

Gli innamorati e la marina” invece, a passo di marcetta, quasi si trattasse di una fanciullesca filastrocca, è una cartolina musicale, un idilliaco sogno, che all’improvviso svanisce “Invece poi tutto è svanito / da solo sotto quelle stelle / volevo uccidermi morire e mi sembrava d’impazzire” ma il tempo mitiga il dolore “Quella canzone malandrina / adesso non fa più paura / E’ una sbiadita cartolina / gli innamorati e la marina”.

Più serio sembra essere il clima che si respira in “Il Museo d’Orsay”, la storia molto francese di due amanti cantata con un tono quasi confidenziale: lei “vibra e si apre in enormi sorrisi / eccitata ti spiega e s’infiamma e ti azzanna / Sa tutto dei pittori del Museo d’Orsay / le luci, le ombre gli spazi e i colori”, lui invece è “stanco e affamato / di media cultura coi piedi gonfi”, lei ha in mente solo la pittura, lui invece pensa “I grandi pittori non scappano, vieni / che dopo torniamo ma adesso mangiamo”. Davvero geniale, come lo era “Cannelloni”.

Sorvolo sul testo di “Balancer” però constato che si può crear canzone e con grazia anche cantando solo “uridididì uridididì urididibamba”, certo non è da tutti e ammetto che a Giorgio l’operazione riesce con grande naturalezza.

C’è poi “Gèo”, un valzerino quasi d’altri tempi, un gentile omaggio all’impresa di Geo Chavez, primo trasvolatore delle Alpi, uno di quei personaggi direi mitici, davvero d'altri tempi e così a entrambi i fratelli Conte.

Ancor più d’altri tempi, anzi quasi senza tempo, è la divertente “Scaricabarile”, una canzoncina a ritmo di campestre polka in cui Giorgio canta con tatto e delicatezza proverbiale di una scorreggia, si avete capito bene, è lei la protagonista indiscussa di questa storia “Nell’erba medica, nel campo, laggiù / cantan le quaglie, canta il cucù / si guarda intorno e con semplicità / del cul trombetta di nuovo lui fa”, ovvio che qui gli “effetti speciali” giocano un ruolo da protagonisti.

E’ giunto il momento di una seria riflessione, perché è normale che a una certa età si cominci pensare anche a quella cosa che fa rima con "forte", in “Continua così” una vera e propria dichiarazione d’amore per la vita, gestita voce e chitarra, il pensiero della morte sembra essere sempre dietro l’angolo, ma chissà com’è, quella parolina non è mai pronunciata, in pieno stile contiano.

Questa riflessione sembra continuare nella successiva “La sorpresa”, un allegorico viaggio che sembra essere di sola andata “Comandante, io insisto, mi vuol dire più o meno, suppergiù, / quanto manca all’arrivo, giorni, me4si o forse più?”, la voce del comandante al megafono pur non spiegando sembra chiarire un po’ la situazione “Il contratto parla chiaro, la risposta io la so ma non la do, / non insista, faccia il bravo: prima o poi si arriverà”, ma a un certo punto il carburante che sembrava dover durare all’infinito finisce “Neanche un goccio più, ahimè! Ah! Era questa la sorpresa? Ora posso dirlo, sì, ebbene sì! Vado a prender la mia roba / chissà mai possa servirmi anche di là". Non manca però l’ironico finale “Vado a restituir la chiave / e a pagare il mini bar” esorcizzato da un festante crescendo di campanelli.

Quasi a non voler rovinare questo magico clima di riflessioni sull’esistenza, in chiusura di mano Giorgio cala l’asso, una cover di "Monticone", una canzone scritta dal fratello Paolo, molti anni addietro, per Gipo Farassino, è il ritratto dell’uomo piemontese di provincia che, giunto nella grande città coltiva nostalgie e sogna “un paese / un Cortanze, un Mongardino / ina nivula au su”, è ancora il ritmo del valzer a dominare e ancora una volta sembra di trovarsi immersi in una cartolina dai colori sbiaditi.

Grazie Giorgio per averci permesso di entrare nella tua vita, ci hai aperto la porta di casa, ci hai fatto accomodare in salotto, ci hai offerto un bicchiere di vino e ci hai raccontato della vita dell’amore e della morte, lo hai fatto alla tua maniera, con il sorriso sulle labbra e noi te ne saremo sempre grati, in fondo hai proprio ragione “chi se ne frega / se di là dei vetri / sta cadendo il cielo” le tue canzoni sanno farci sorridere con sopraffina eleganza.

Giorgio Conte - C.Q.F.P.

Giorgio Conte

C.Q.F.P.

Cd, 2011, Ala Bianca
Genere: Cantautorale

Brani:

  • 1) Come Quando Fuori Piove
  • 2) Ieri si
  • 3) Tu
  • 4) Di vaniglia e di fior
  • 5) Aria, terra e mare
  • 6) Gli innamorati e la marina
  • 7) Al Museo d’Orsay
  • 8) Balancer
  • 9) Géo
  • 10) Scaricabarile
  • 11) Continua così
  • 12) La sorpresa
  • 13) Monticone

Informazioni tratte dal disco

Giorgio Conte: chitarra classica "Gallinotti Pietro (Solero 1959)" modello Ramirez, chitarra 12 corde "Simone Patrick", chitarra acustica Peavey, alcuni richiami (tortora, quaglia, poiana, civetta, gallo domestico, cinghiale in amore), carillons

Walter Porro: fisarmonica f.lli Alessandrini, fisarmonica P.Soprani, fisarmonica Cooperfisa, il pianoforte di Giorgio "Steinbach", master keyboard Evolution, Hammond C3, synth Arp e Prologue, pietra e falce, pan flute (utilizzato anche come ritmica guiro), tamburino, cajon DG- De Gregorio, armonica a bocca, scatole di chiodi, piatti della batteria di Giorgio (che usava da bambino), timpano adattato a cassa

Programmazione ritmica in “C.Q.F.P.”: Walter Porro

Testi e musiche di Giorgio Conte, eccetto "Monticone" di Paolo Conte
Produzione artistica, arrangiamenti, mixaggi: Giorgio Conte e Walter Porro
Produzione esecutiva: Toni Verona
Registrazione: Walter Porro
Registrato e mixato a casa di Giorgio, salvo “Tu” e “Al Museo d’Orsay” registrati parte (voce e chitarre) allo Studiottanta Fortuna Records (Calliano, AT)
Segreteria e condivisione emotiva: Emiliano Ardini
Mastering: Roberto Barillari - Fonoprint (Bologna)
Fotografie: Mara Mayer
Impaginazione grafica: Giovanni Levratti

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