Paola Tagliaferro

Fabulae

Recensione
Pubblicato il 11/10/2018
Voto: 8.2/10

Lo scrigno in musica e liriche di Paola Tagliaferro. Un diario di donna, di tutte le donne, sospeso tra spazio e tempo, alla ricerca del suono originario, che è “essenza”. Musica che crea forme pari ad auree diventano epidermiche.

Ci vuole memoria storica per avvicinarsi a “Fabulae” di Paola Tagliaferro. Chi mai ha ascoltato quanto di meravigliosamente spirituale è germogliato al fianco della figura di Franco Battiato, da Alice e la sua meravigliosa carriera (dopo l'allontanamento dalla figura del “maestro” catanese), colma di poesia e puro amore per il suono; Juri Camisasca, Mino Di Martino...

E' il terzo album di Paola, questo e il più intimo. Non a caso si apre con un recitativo, prima che il tema de “Il Risveglio della Lupa”, si sviluppi, tra armonizzazioni null'affatto prevedibili. La cantabilità della melodia, non esclude evoluzioni strumentali lontane anni luce dal mondo della nostra popular music contemporanea. Paola, del resto, ha trascorso la realizzazione del disco, respirando professionalità e spirito di grandi maestri della “forma canzone ai tempi dell'invenzione come regola di massa”. Greg Lake, Keith Tippett, Pete Sinfield, Paul Roland, John Greaves, Bernardo Lanzetti, Aldo Tagliapietra, il prima citato Camisasca, un ritrovato Lino Capra Vaccina, sono solo alcuni nomi con i quali, la cantautrice italiana, ha diviso storie di note e di vita che hanno lasciato un segno indelebile. Così quanto lo studio del canto dhrupad e di strumenti della tradizione indiana microtonale, sotto la guida della grande Amelia Cuni. Studi che l'hanno avvicinata al valore della meditazione, a scoprire quel “rumore del silenzio” (che è anche e soprattutto suono, nell'estetica cageiana), che la musica odierna non contempla più, persino la classica, sembra non voglia farne più i conti. “Fabulae”, si presenta come un diario, già dall'artwork, un libro di più di 20 pagine, corredato, non solo dalle liriche (in italiano e in inglese, lo stesso disco è stato inciso in ambo lingue, mostrando la vocazione internazionale che gli appartiene di diritto), ma da notazioni, fotografie, 5 dediche introduttive, una dalla penna di Steve Hackett, l'ultimo dei Genesis a portare alti con rigore e cognizione di causa, il nome, la poetica della storica band britannica. In tutto ciò, ovviamente, i suoni, non possono che essere ampiamente cosmopoliti, affrontare una materia dai risvolti geografici e temporali, assai ampia e non per questo lontana dalla contemporaneità, anzi, tanto più contemporanea.
“La Stanza di Barbablu'” è tutto questo, nell'uso profondamente creativo della strumentazione, nella forte declamazione del canto, che diventa rituale dei giorni nostri.
“Bianca Dea”, è melodia vicina al più cristallino folk progressivo, con splendido contributo di Pier Gonella, alla chitarra classica, un dulcimer, suonato dalla stessa Paola, a rimandare, ad una dimensione propria della musica antica. Più diretto, il pianoforte di Giuliano Palmieri, ad introdurre “La Fanciulla Alata”, dal bellissimo testo, intimo e surreale. Un brano che è vero gioiello. Qui la voce di Paola, trova la sua cifra più affascinante, sinuosa, soffiata, come sussurrata all'anima, la stessa che le dissonanze pianistiche, sanno fendere, senza far male. Poesia pura. Psiche, attraverso la “cerimonia del tè”. Si respira un'aria tra il mistero e l'incanto, come in
“Un Cigno non Può Essere un'Anatra”, che alterna una semplice melodia a sospensioni silvestri. La voce sa essere carezzevole, o dal timbro assai tagliente, appoggiata a frequenze medie.
“Il Tamburo della Sciamana”, è il brano più didascalicamente vicino all'idea sciamanica e ricorda l'esperienza di Paola con Paul Roland, nonostante la profondità del testo, è quello che meno trovo affine al mio spirito. Qui la voce della Tagliaferro, si esprime magnificamente su più registri, trovando nella leggerezza in acuto, grande bellezza.
“La Pelle dell'Anima”, è un racconto profondo e ben condotto dalla voce e una scarna strumentazione.
“La Festa della Luna”, trova una dimensione più sbrigliata, grazie ad aperture armoniche, non legate al solo esposto di un canto salmodico, che appoggia la melodia al testo, senza adeguarsi a metriche tradizionali. Minimale, ma ficcante l'arrangiamente, tra acustico ed elettronica. Bellissimo il canto di Paola qui, che nel finale diviene davvero incantevole. Altro piccolo gioiello.
Un ponte tra Oriente e Occidente, è descritta tra le note “Algoritmo - Un Ponte tra i Due Mondi”. Il suono della tampura e del Pakhaway, suonato dal maestro Akhilesh Gundecha, incantano da subito e portano la mente in luoghi altri dello spirito. Bellissimo momento.
“La signora Yin e il Signor Yang”, avvicina al suono la filosofia Zen, introducendo uno zither, suonato in maniera magistrale. Il contralto di Paola, è doppiato su due registri, che danno voce stessa all'idea di costanza compenetrazione di  Yin e Yang. E' uno di quei brani che non ci si aspetterebbe mai da un Occidentale (ciò mi ricorda quello che Yossou n'Dour diceva in merito a “biko” di Gabriel) ed è di una purezza compositiva e di arrangiamento suprema. Capolavoro.
Il canto di una viola apre “Gli Alchimisti”, qui la linea melodica è davvero magnifica, l'arrangiamento crea un contrappunto fatto di pieni e vuoti, luci e ombre, improvvise accelerazioni ritmiche. La voce di Paola, si fa “mille di sé”, uomo e donna e si esprime su intervalli che sanno essere anche assai complessi, pur mantenendo una cantabilità assoluta. Tocco di genio, un harmonium finale, che apre davvero il cuore.

Due le tracce definite bonus, ma perfettamente inserite nel contesto. Minimale e incantata, “Moonchild” (King Crimson) dello scomparso Lake (la cui memoria, grazie alla cantautrice, è legata da una targa di cittadinanza onoraria alla cittadina di Zoagli, dove il cantore britannico trovò bellezza per il suo spirito, negli ultimi anni di vita).
Nettamente più articolata “To Absent Friend” (Lanzetti), con la partecipazione di Bernardo Lanzetti, la cui voce, perfettamente si sposa a quella della Tagliaferro, che qui raggiunge l'apice interpretativo di una carriera, spaziando da un registro da contralto a quello di soprano, in pieni armonici. Magnifica.

Cosa curiosa, ogni brano è chiuso dal suono di una pagina strappata e accartocciata, cosa, che alla fine diviene sempre più nervosa come a sottolineare un tempo che scorre, non certo generoso.
Generoso lo è stato per la bellezza di Paola, incantevole, ma lo è stato ancor di più con la sua anima, che ha saputo vedersi allo specchio, indagarsi, tradursi, nei 13 piccoli capitoli di questo romanzo in musica, 13 piccole nebulose/aure, che si muovono nello spazio, attorno a chi ascolta, facendosi epidermiche, come a chiedere empatia. “Myo”, in cinese è termine che indica apertura e questo si percepisce. Un disco estremamente femminile, “intrauterino”, nel racconto di donne madri, spose, sciamane, tutto quello che la storia ha chiesto loro e che qui diviene richiesta di libertà assoluta.
Uno scrigno aperto e non un forziere, è questo disco, una raccolta di gemme, null'affatto inavvicinabili, ma anzi disposte a farsi proprie di altre anime che le vogliano accogliere. Una musica che abbandona le forme canoniche, creandone di nuove, ma senza alcuna arroganza, senza rabbia esibita, virtuosismi, necessità di stupire. Tutto qui, nella ricerca del primordiale archetipo, è “essenza”.

Paola Tagliaferro - Fabulae

Paola Tagliaferro

Fabulae

Cd, 2018

Brani:

  • 1) The Awakening of the She-Wolf / Il Risveglio della Lupa
    (Tagliaferro)
  • 2) The Bluebeard's Room / La Stanza di Barbablu'
    (Tagliaferro)
  • 3) White Goddess / Bianca Dea
    (Tagliaferro)
  • 4) Bird Maiden / La Fanciulla Alata
    (Tagliaferro)
  • 5) The Swan can't be a duck / Un cigno non puo' essere un'anatra
    (Tagliaferro)
  • 6) The Shaman's Drum / Il Tamburo della Sciamana
    (Tagliaferro)
  • 7) The Soul's Skin / La Pelle dell'Anima
    (Tagliaferro)
  • 8) The Day of the Moon / Il Giorno della Luna
    (Tagliaferro)
  • 9) Algorithm: a Bridge of two Worlds / Algoritmo: un Ponte tra i due Mondi
    (Tagliaferro)
  • 10) Mrs Yin and Ms Yang / La Signora Yin e il signor Yang
    (Tagliaferro)
  • 11) The Alchenists / Gli Alchimisti
    (Tagliaferro)
  • 12) Moonchild
    (Peter Sinfield, Robert Fripp, Ian Mc Donald, Greg Lake, Michael Giles)
  • 13) To Absent Friends
    (Bernardo Lanzetti)

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