Se vogliamo tracciare mentalmente un linea immaginaria che vada dalla Liguria (anzi La Spezia) alla Terra d’Albione (anzi a Londra) ci appare come denominatore comune il talento, il duro lavoro e la potenza della follia creativa. Bisogna quindi mettere in un contenitore abbastanza capiente tanta tecnica, molta passione per la musica, ma soprattutto un innato senso artistico e la ricerca del bello in ogni atto che accompagna la nostra vita. A questo punto occorre trovare una strada e trasformare in un nuovo motore l’incoscienza di una gioventù ormai andata, perché la musica, quando inizia a partire, ti fa viaggiare, ti fa parlare, ti fa ricordare e ti porta fino alla fine di quella strada che avevi imboccato.
Stewart Armstrong Copeland o più semplicemente Stewart Copeland fu cofondatore dei Police (insieme a Andy Summers e Gordon Matthew Thomas Sumner detto Sting) nel lontano 1977 a Londra. Lo stesso geniale batterista tra i più celebrati nella storia del rock per la sua tecnica e creatività lo ritroviamo sul palco allestito in Piazza Europa a La Spezia durante le prove dei pezzi nel tardo pomeriggio a dirigere la postura dell’ensemble. Da lontano assume le sembianze di un folle, ma geniale orchestrante d’orchestra. il quale mostra una smisurata voglia di divertirsi e divertire chiunque gli stia attorno.
Noi d’altro canto siamo sorpresi da vedere un personaggio del genere mettersi completamente a nudo davanti agli occhi indiscreti ma interessati di un pubblico locale che aspetta l’inizio del concerto, ma sbircia durante le prove la messa a fuoco dei brani che saranno eseguiti durante il live con il bonus di godersi tutto il backstage fatto di tante piccole perle tecniche e umane.
Se questo evento a metà tra l’orchestrale. il jazz e il pop/rock è diventato realtà è sicuramente grazie alla mente fervida e vulcanica del suddetto Copeland, ma la messa in pratica e il suo imprinting definitivo è merito anche delle vocalist Sarah-Jane, Laise Sanches e Raquel Brown, del chitarrista Gianni Rojatti (che si alterna tra le sue cose strumentali pazze e la band di Stewart Copeland nel progetto “Police Deranged For Orchestra”. oltre a collaborazioni varie che spaziano da Billy Gibbons degli ZZ TOP a Glen Matlock dei Sex Pistols), del bassista Faso, del pianista Vittorio Cosma (musicisti della band Elio e le storie Tese), e di un’orchestra di ben ventisette elementi. Insomma il comune denominatore tra questi mondi apparentemente molto distanti è la voglia di ricercare nuovi arrangiamenti, nuove vie e nuove sperimentazioni per contaminare generi musicali che si toccano appena.
In quel lontano 1977 i tre membri dei Police crearono un crogiolo di idee mescolando punk, reggae, new wave e post-punk. Ora, qui in questo teatro urbano in mezzo a palazzi e attraversamenti pedonali si compie un altro miracolo: mescolare musica da camera, sinfonica e il rock dei Police con una spruzzata di Jazz anzi con un tocco jazzy come direbbe il maestro Paolo Conte. Tutti sono virtuosi polistrumentisti a partire da Copeland che suona anche la chitarra e si improvvisa maestro d'orchestra con la bacchetta, tutti sono ancorati a solide radici e accompagnati da una grande ensemble perfetto nell’adattarsi a questo esperimento. Le voci un po’ soul e un po’ rhythm&blues delle cantanti di colore hanno poi restituito quella valenza mai sopita che fiorisce naturalmente dalle canzoni dei Police.
Non tutti conoscono la carriera post Police di Copeland, ma ha sicuramente fatto molto cose interessanti che meritano qualche riga. Con Stan Ridgway pubblicò nel 1983 il sigolo "Don't Box Me In" utilizzato nella colonna sonora di Rusty il selvaggio. Dato il successo in questo ambito, proseguì come compositore di colonne sonore di film, di serie tv e di musiche per videogiochi. Suonò nei gruppi Animal Logic, Oysterhead, ensemble Notte della Taranta, Gizmo, Gizmodrome.
Tornando ad oggi, il concerto si svolge in Piazza Europa a La Spezia, cittadina incastonata tra mare e monti. L'atmosfera è rilassata e la temperatura è particolarmente bassa e frizzante per essere una serata di fine luglio.
Quando Copeland e la band più l’orchestra salgono sul palco alle 21:30, tutte le sedie sono occupate e anzi qualcuno viene aggiunta in fretta e furia. Ovviamente nella setlist del concerto lo spazio maggiore viene concesso alle canzoni dei Police rivisitate, come dice lo stesso ex batterista, cambiandole poco poco. In realtà gli arrangiamenti sterzano radicalmente l’effetto dei brani anche per riadattarli all’interpretazione delle tre cantanti e ai virtuosismi dei musicisti. Quando inizia il concerto sin dalle prime note si spostano indietro le lancette del tempo e il pubblico ha la meravigliosa sensazione di riabbracciare un caro amico, qualcuno con cui siamo cresciuti insieme o che semplicemente ci ha tenuto compagnia nel corso degli anni. Si susseguono tutti i maggiori successi della band con una disinvoltura che compete solo a dei grandi professionisti che ripropongono in maniera elegante brani già entrati nella lista dei classici del rock.
Difficile dire quale brano ha ottenuto il maggior apprezzamento. Sicuramente possiamo affermare che in una fresca serata di luglio il pubblico si è scaldato di brano in brano tra semplici applausi a scena aperta, poi diventati battiti di mani cadenzati sino a trasformarsi in cori da stadio per accompagnare le gesta dei protagonisti sul palco.
Quando siamo tornati tutti sulla terra, dopo l’estasi provata per le esecuzioni di capolavori ormai diventati classici, ci siamo accorti che la poesia era nell’iperbole del virtuosismo della batteria, piuttosto che in quella della chitarra o del basso; ma anche nello spirare del vento o nell’ espressione gioiosa di chi ci stava accanto. La musica è universale quando nella sua complessità risuona come semplice melodia, oltre che espansione dello spazio temporale per ognuno di noi e quando riesce a raccontarci qualcosa di noi ormai dimenticato nel nostro inconscio.
Quando the music is over c’è ancora tempo per un bis e allore tutto il pubblico si alza spontaneamente dalle sedie per partecipare sotto il palco a un meno elegante, ma più coinvolgente abbraccio all'orchestra e alla band, guardandosi dritto negli occhi con i propri beniamini.
Rimane in fondo un’esperienza molto ricca di aromi diversi e straripante di emozioni, dove Copeland e soci dimostrano che essere rivoluzionari in epoche diverse significa innanzitutto fare bene il proprio lavoro e in secondo luogo riuscire a essere se stessi pur nelle diversità con la voglia di imparare qualcosa da altri mondi e modi di fare musica e perchè no, cultura.
Un complimento ai tecnici audio che hanno permesso di ascoltare una qualità sonora impeccabile, cosa non facile data l'ampia gamma di strumenti che spaziavano da quelli elettrici a quelli orchestrali
Concludiamo ricordando che la performance era l’ultima all’interno del 56° Festival Internazionale del Jazz della Spezia e ha dimostrato come si possa fare grande musica in location che abbiano lo spirito giusto per accogliere questi eventi senza seguire le mode e le mete turistiche del pubblico generalista.
Scaletta della serata:
- Demolition Man
- King of Pain
- Roxanne
- Murder by Numbers
- Spirits in the Material World
- One World (Not Three) / Walking In Your Footsteps
- Walking on the Moon
- The Equaliser Busy Equalising
- Every Breath You Take
- The Bed’s Too Big Without You
- Message in a Bottle
- Can’t Stand Losing You / Reggatta de Blanc
- Don’t Stand So Close to Me
- encore
- Every Little Thing She Does Is Magic