Ephel Dùath

The Painters Palette

Recensione
Pubblicato il 04/10/2007 - Ultimo aggiornamento: 04/08/2008

Avete presente Elements degli Atheist? (Se la risposta è no, procuratevelo immediatamente ed ascoltatelo almeno una dozzina di volte prima di tornare qui). Bene, ho sempre pensato che il terzo album della band americana fosse più o meno ciò che suonerebbe una band jazz se decidesse improvvisamente di fare metal. Ecco, gli Ephel Duath di A Painter's Palette *sono* una band jazz che si è data al metal.
Della formazione originaria, dai trascorsi Black Metal, è rimasto soltanto il chitarrista e mastermind Davide Tiso, autore di buona parte della musica e di tutti i testi. La sezione ritmica è stata affidata a Davide Piovesan (batteria), veterano del jazz, e a Fabio Fecchio (basso), anch'egli proveniente da trascorsi fusion. Il lato vocale vede impegnati Lucio Lorusso, dedito ad uno screaming di stampo hardcore, e Davide Tolomei, che si occupa invece delle parti di cantato "pulito" presenti in molte canzoni. In sostanza buona parte dei musicisti erano estranei alla scena metal prima di questo album.
Lo stile, come dicevo, è pesantemente influenzato dal jazz (addirittura in qualche canzone sono presenti parti di tromba, suonate dal guest Maurizio Scomparin, peraltro molto ben integrate con gli altri strumenti); le parti metal, non riconducibili ad un sottogenere preciso (se non, vagamente, al thrash/metalcore), sono ben amalgamate e non si assiste a quella separazione forzata che caratterizza molti gruppi di questo tipo (sfuriata metal; stacco jazz che non c'entra nulla ma fa figo; altra sfuriata metal... non che queste cose non mi piacciano, beninteso :)). Oltre a queste due influenze principali, gli Ephel Duath talvolta sperimentano con l'elettronica, che rimane comunque relegata a pochi episodi circoscritti e si limita a aggiungere un pizzico di varietà in più, senza mai prendersi carico del sound: questo rimane ben incentrato su chitarra, batteria e voce, con occasionali stacchi di basso (quest'ultimo - ma, ahimé, è normale in ambito metal - è un po' penalizzato dal mix, ed è un peccato vista la buona preparazione tecnica di Fabio). Nell'album si trovano raramente veri e propri "assoli" di chitarra per come li si intende di solito nel metal; Davide Tiso spesso preferisce invece proporre degli stacchi melodici di chiara ispirazione jazz-fusion. I riff della sei corde sono anch'essi molto vari, e spaziano da parti ritmiche potenti e definite a sfuriate veloci che fanno intuire le origini black/death del chitarrista, sempre con quel pizzico di follia che non guasta mai. Sul piano ritmico, la batteria di Davide Piovesan è impeccabile, sa picchiare quando deve - senza però mai scadere nel banale martellare che affligge molti gruppi di metal estremo - ed essere raffinata e delicata quando le circostanze lo richiedono.
La parte vocale secondo me è ben curata, e lascia ampio spazio al lato strumentale (anche se c'è una sola traccia priva di voci). I metallari più "duri e puri" potrebbero storcere il naso di fronte al cantato pulito di Davide Tolomei, che effettivamente ai primi ascolti può sembrare un'eccessiva strizzata d'occhio al nu-metal; ma dopo un po' si impara ad apprezzarlo, in quanto aggiunge varietà e colore al sound della band. Anche perché la voce in screaming di Lucio, pur impeccabile dal punto di vista "tecnico" (se così si può dire), è un po' monotona e poco espressiva.
Liricamente, l'album è una sorta di concept relativo alla pittura (da qui il titolo), difatti ogni canzone ha sia un titolo vero e proprio che un riferimento ad un particolare colore. I testi sono perlopiù incentrati su riflessioni personali di Davide e descrivono emozioni e stati d'animo in genere cupi, malinconici e un po' schizzati. Insomma, i canoni del genere! In ogni caso, i testi sono piuttosto ben scritti.
Le tracce del disco, pur con le loro variegate influenze, mantengono uno stile ben identificabile e molto personale, pertanto le canzoni, nonostante siano molto diverse tra loro come struttura, hanno parecchi elementi in comune.
In conclusione, consiglio caldamente questo album a tutti gli amanti del metal "progressivo" nel vero senso del termine. Se proprio volete riferimenti a gruppi simili, oltre ai già citati Atheist di Elements io vedo qualche somiglianza coi Candiria, anch'essi dediti ad un connubio jazz-metalcore. Ma ognuno di questi gruppi fa storia a se, per cui prendete questi paragoni con buonsenso.

Ephel Dùath - The Painters Palette

Ephel Dùath

The Painters Palette

Cd, 2003, Earache Records
Durata totale: 46:33

Genere: Crossover , Metal , Metal

Brani:

  • 1) The Passage (Pearl Grey) (04:11)
  • 2) The Unpoetic Circle (Bottle Green) (04:54)
  • 3) Labyrinthine (Crimson) (05:21)
  • 4) Praha (Ancient Gold) (05:16)
    Strumentale
  • 5) The Picture (Bordeaux) (04:52)
  • 6) Ruins (Deep Blue And Violet) (04:56)
  • 7) Ironical Communion (Amber) (05:27)
  • 8) My Glassy Shelter (Dirty White) (04:46)
  • 9) The Other's Touch (Amaranth) (06:42)

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