Il Carro di Fieno

Il Carro di Fieno

Recensione
Pubblicato il 07/05/2023
Voto: 8/10

Il nuovo metal con un’urgenza puramente urban.

Tranquilli dunque, laddove il nome del progetto potrebbe evocare i lidi proibiti e stantii del rock progressivo, qui c’è solo da godere di invenzione sonica, di brani estremamente compatti, rapidi nello sviluppo delle trame, potenti.

Un disco che non lascia tregua donando continua sorpresa.

La Casa del Vento (con incipit vocale buffissimo a declamare “il mio nome è ingordigia” e chitarra acustica in gran spolvero di arpeggi su intervalli amplissimi), Profumo (esotica ed erotica romanza contemporanea per muezzin intermezzata da un bizzarro refrain “lingua, bocca, labbra, occhi” che potrebbe essere uscito da un disco di Ambra Angiolini), Il Mago dall'Occhio di Argilla (dai suoni assai ricercati e un modo di cantare così bizzarro da rimandare alla mente anche Elio e le Storie Tese) ...titoli a definire all’ascolto vortici di intuizioni ad alto voltaggio supportate dal canto penetrante di Whale, costantemente in barricata e declamato alla maniera di un folle santone.

Un lavoro che supera di slancio qualsiasi intuizione combact rock, sposa trame crossover e math reggendo su riff geniali (le soluzioni strumentali sono a cura di un Giovanni Boero letteralmente in fiamme tra questi solchi – impressionante la sua chitarra baritona (?) su Il Ciliegio – estremo virtuoso dell’elettrica e studioso di Fractal Audio, Musica Strumentale Moderna e chitarre ibride) a creare una rifondazione del lessico avant metal in modo estremamente più diretto.

I brani si sviluppano nell’arco di tempo di un brano da un “The Commercial Album” dei The Residents (la durata media dei pezzi sfiora a malapena i due minuti) ma non hanno alcuna pretesa urticante, anzi tutto suona divertente/irriverente, quasi isterico a tratti, il frutto di due alchimisti odierni decisamente illuministi che veicolano il loro divertirsi, creando, non esibendosi.

Fulminee le soluzioni chitarristiche, alternano scale tonali ad altre non tonali, soli evocativi, costanti invenzioni soniche.

Così il canto spesso doppiato in cori multiottava a coprire un'estensione che va dal growling allo screaming in registro di fischio, appoggiandosi alle trame chitarristiche generando dei furibondi e alteri recitarcantando prodighi di melodie a profusione continua, tra citazioni etniche e letterarie (chiaro il riferimento a Patrick Süskind in “Profumo”).

Tra citazioni etniche e letterarie, il canto si appoggia alle trame chitarristiche generando dei furibondi e alteri recitarcantando prodighi di melodie a profusione continua.

Una voce di metallo per circuiti umanizzati.

La voce di un creativo tout court attivo nell’ambito delle arti visive con dei magnifici ready made (sua la copertina di questo lavoro come di tutti i precedenti), nella videoarte, nella NFT art, nella ricerca correlata alla piezo-elettricità.

La batteria è elettronica e si associa all'idea di urgenza prima espressa sposandosi alla perfezione col tutto rendendo un'amplificazione esponenziale dell'estetica dei linguaggi urbani, arrivando a suonare dichiaratamente finta, ineseguibile, cibernetica ma non cartonata, programmata con effetti onomatopeici di grande effetto, parossistica, mai didascalica, come per lo urban pop e la trap migliori (i Rage Against the Machine suonano padri tutelari in quanto ad intuizione d’assalto e ovviamente anche per un cantato spesso ritmico).

Da La Donna che non Poteva Diventare Madre, con armonizzazioni vocali che neanche Layne Staley in acido, il disco prende una piega sempre più compiuta nel coniugare efficacia rock e soluzioni colte.

La cavalcata su chitarra ibrida di L'Ultimo Abbraccio (che si chiude con un “col sorriso entri nell’aldilà”) è il perfetto sigillo a un disco a cui oggi Mike Patton potrebbe aspirare. Voi sareste ancora disposti ad ascoltarlo un Mike Patton con personalità autentica? Uno a cui Diamanda Galas non direbbe “God, there’s this shithead out there, Mike Patton. He imitates me. He imitates everybody”. Fonte.

Un disco per nulla furbo (“rubare voce del verbo vincere” declama nel lungo melisma conclusivo Whale in Il Segreto del Ladro di Caramelle), a partire dal fatto che poteva benissimo essere cantato in inglese on tedesco (è italo-tedesco il musicista) e non lo è, ma avvicinabilissimo.

Puro capolavoro underground meritevole di mille plausi e oltremodo terzo album del 2023 per Whale (polistrumentista anche nell’album discusso) la cui pagina Bandcamp merita di essere presa in grande considerazione

Più metal del metal, più avant dell'avant, questo è progetto che può piacere ai fruitori della musica estrema come ai seguaci della denuncia sociale della trap. Alieno.

 

L'album su Bandcamp

Il Carro di Fieno - Il Carro di Fieno

Il Carro di Fieno

Il Carro di Fieno

Digitale, 2023, Autoproduzione
Genere: Urban , Metal

Brani:

  • 1) Discorso dell’Onorevole arrendevole al Popolo Affamato
  • 2) Il Segreto del Ladro di Caramelle
  • 3) Il Vecchio Ciliegio
  • 4) La Donna che non Poteva Diventare Madre
  • 5) Il Mago dall’Occhio di Argilla
  • 6) Profumo
  • 7) La Casa del Vento
  • 8) Il Principe senza Cavallo
  • 9) La Tempesta di Sale
  • 10) Anna
  • 11) Essere, non Apparire
  • 12) La Luna dal Bosco
  • 13) La Brigata delle Nocche Nude
  • 14) InMostro
  • 15) I Grattanuvole
  • 16) L’Ultimo Abbraccio

Informazioni tratte dal disco

Formazione:

Giovanni Boero: composizioni, chitarre, elettronica
Niccolò Clemente (Whale): Voci, Theremin, Elettronica, Piano

Il miglior prezzo:

Cerca il miglior prezzo per "Il Carro di Fieno - Il Carro di Fieno"