DauniaOrchestra

Di fame di denaro di passioni

Critique
Posté le 28/05/2012
Vote: 8/10

Un omaggio raffinato e necessario alla poetica di Matteo Salvatore

Per parlare di questo disco meraviglioso parto da una mia personalissima considerazione, nata come logica conseguenza di una ricerca effettuata tra quel mare d’informazioni che è internet, con l’intento di saperne di più su questo disco. Sapete cosa ho trovato?

Poco o nulla, solo qualche sparuto articolo sullo spettacolo di Sergio Rubini dal quale il disco ha tratto il titolo “Di fame di denaro di passioni”, una breve intervista a Umberto Sangiovanni, né un accenno a come o dove acquistarlo che, vi assicuro, sarebbe stata la notizia più utile e importante, né ulteriori notizie, vediamo allora di inserirlo almeno nel giusto contesto.

Cominciamo a dire che, dopo i dischi “La Controra” e “Calasole”, prodotti da Rai Trade, e il terzo cd “Sciamboli e Nuovi Inverni”, Umberto Sangiovanni e la sua DauniaOrchestra sono tornati al lavoro con questo nuovo disco, il quale come si diceva riprende il titolo dall’omonimo spettacolo teatrale di Sergio Rubini dedicato alla figura di Matteo Salvatore.

Matteo Salvatore è stato un compositore e cantante di musica popolare, oltre che interprete di canti tradizionali del Gargano, che ha segnato e segna tuttora questa parte del sud Italia.

Trascorsa l'infanzia nella povertà che ha afflitto la sua terra natia e l'Italia intera dopo la prima guerra mondiale, si può dire che proprio infanzia e povertà divennero i temi maggiormente ricorrenti nei testi delle sue canzoni.

E’ stato personaggio molto discusso e controverso, che ebbe si la stima di molti intellettuali tra cui ad esempio Italo Calvino che di lui scrisse “Le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare”, ma occorre anche ricordare che nel 1973 la sua carriera s’interruppe bruscamente, causa un arresto con l'accusa di aver ammazzato la propria compagna, la cantante Adriana Doriani, accusa da cui poi sarà assolto dopo cinque anni e la revisione del processo.

Un personaggio difficile quindi, ma che ancora oggi segna tutti i musicisti legati al maltrattato sud.

Il disco nasce come l’esigenza di lasciare una testimonianza musicale concreta di quanto è stato imbastito per questo progetto teatrale partendo da una manciata di canzoni del “poeta degli umili” con l’aggiunta di due composizioni originali scritte appositamente da Umberto Sangiovanni, “Che bella cummedia” e “Il tango delle mosche”.

Umberto Sangiovanni, pianista e compositore jazz, non è artista solito a ripetersi nel suo lavoro di ricerca e sperimentazione musicale, diciamo che ne è nato dunque un disco piuttosto diverso, ad esempio, dal suo predecessore e splendido “Calasole”. Qui sono cambiati anche i compagni di viaggio, troviamo la cantante e percussionista Gabriella Profeta (per me un’assoluta rivelazione), il basso di Adriano Matcovich e la tromba dell’ospite Tiziano Ruggeri.

Ciò che resta immutato è il fascino degli abiti musicali che Umberto ha confezionato su misura per questi brani fatti caratterizzati da una poesia minimalista, tanto legati alla quotidianità quanto estranei alla banalità del quotidiano vivere, aggiungendo eleganza e classe a questa musica di matrice popolare.

Basterebbe sentire l’attacco e lo svolgersi di “Faciteve li cazza vostra”, storia di un desiderato matrimonio “d’amore” contrastato dalla malsana curiosità dell’intero vicinato, per rendersene immediatamente conto. La morbidezza delle percussioni, il tocco magico di Umberto sulla tastiera, la bella voce di Gabriella sono esemplari e, a suggello, c’è la tromba con sordina di Tiziano Ruggeri. Si è già nel vivo dello spettacolo.

Tutto il disco è però un alternarsi di momenti topici, a volte più vicini e fedeli all’originale come ad esempio il languido e appassionato canto d’amore “Bene mio”, altre volte quasi reinventati come la gustosissima versione forte di riff di “Il lamento dei mendicanti”, uno dei pezzi più conosciuti di Matteo Salvatore.

In alcuni casi i brani, in queste nuove vesti piene di contaminazioni, acquistano un’aria più internazionale, in stile world music come nel caso di “La notte è bella”, che potrebbe anche benissimo essere cantata in lingua inglese o di “Mo’ ve’ la bella mia dalla muntagna”, ringiovanita non poco dal sincopato jazzare nonché dalla fresca voce di Gabriella.

Allo stesso filone sociale appartiene anche “Padrone mio”, un’accorata e incondizionata preghiera al proprio datore di lavoro che ironicamente diviene denuncia di sfruttamento, “E qquanne sbaglie / damme li bbotte / e qquanne sbaglie /damme li bbotte / voglie la morte / ma nnu’ mme caccià / voglie la morte / ma nnu’ mme caccià”.

Chiude il disco “Il tango delle mosche”, l’altro brano firmato da Umberto, direi ancor più live del primo, privo di testo e di breve durata, costituisce un leggiadro commiato a quella poetica invece pregna di sudore, di sofferenza e sentimenti vividi, che anima i testi di Matteo Salvatore.

Credo che nel complesso l’operazione di omaggio alla musica, ma soprattutto alla poetica di Matteo Salvatore sia pienamente riuscita in questo nuovo percorso intrapreso da Umberto Sangiovanni e la sua DauniaOrchestra, perché anche in questa nuova veste jazz, piena d’influssi, le liriche del grande poeta non perdono per nulla, la loro forza originaria anzi, in alcuni casi, trovano nuova linfa senza per questo tradire le proprie origini profondamente legate al sofferente sud, non solo della nostra Italia, ma dell’intero mondo, quel sud che soffre di fame di denaro e di passioni.

Vivamente consigliato!

Critique
Posté le 13/06/2012

Ogni tanto le canzoni di Matteo Salvatore tornano in circolazione e ogni volta la veste è diversa ma l’emozione si rinnova uguale: è incredibile come in Italia simili patrimoni culturali siano apprezzati da poche persone, fossimo a New Orleans si tratterebbe di un grande bluesman, scendesse dalla pampa argentina sarebbe il fratello di Atahualpa Yupanqui, stessi gli argomenti (lo sfruttamento, la polvere, il cammino, la natura, l’amore....). Ma siamo nel tavoliere delle Puglie: forse il primo cantautore italiano, con la grandezza dell’ignoranza, di chi scrive senza saper scrivere ma solo osservando ciò che la sua quotidianità gli ha  riservato: la crudeltà dei ricchi e dei padroni e dei loro tirapiedi e la miseria di chi fatica la terra e poi magari muore per aver rubato un grappolo d’uva per il figlioletto. Questo il sud Italia anni trenta in cui cresce Matteo, bambino lavoratore stagionale nei campi di grano dall’alba al tramonto, dove il sole brucia e senza il permesso del guardiano neppure un sorso d’acqua è concesso. Tanti anni dopo a Matteo basterà aprire, come un vecchio volume polveroso, la sua memoria e tutte le sue canzoni saranno lì già scritte: basterà ripetere i bandi del podestà, le offerte del mercato del pesce o della macelleria ......Ma la fame una volta che ti ha morso non la scordi più e Matteo si abbuffa a più non posso di ogni cosa e ogni cosa dissipa, ma questo gli ordina il suo fatalismo contadino. Oggi anche lui non c’è più, riposa nella sua terra ad Apricena. Restano queste indimenticabili canzoni  stavolta riproposte in chiave jazz da Dauniaorchestra nel cd  "Di Fame Di Denaro Di Passioni", con le musiche tratte dallo spettacolo teatrale omonimo in cui Sergio Rubini è voce narrante. Grazie di questo tributo, sperando che anch'esso serva a riscoprire un grande artista.

Faciteve li cazza vostra (2012)
DauniaOrchestra - Di fame di denaro di passioni

DauniaOrchestra

Di fame di denaro di passioni

Cd, 2012, Controra

Tracks:

  • 1) Faciteve li cazza vostra
  • 2) Che bella cummedia
  • 3) Bene mio
  • 4) Il lamento dei mendicanti
  • 5) Fra me e te
  • 6) La notte è bella
  • 7) Mo’ ve’ la bella mia dalla muntagna
  • 8) Padrone mio
  • 9) Il tango delle mosche

Renseignements pris à partir du disque

Gabriella Profeta: voce e percussioni
Umberto Sangiovanni: piano
Adriano Matcovich: basso
Tiziano Ruggeri: tromba

“Facitevi li cazza vostra”, “Bene mio”, “Fra me e te”, “Mo’ ve’ la bella mia dalla muntagna” sono di M.Salvatore

“Che bella cummedia” e “Il tango delle mosche” sono di U.Sangiovanni

“Il lamento dei mendicanti” e “Padrone mio” sono di M.Salvatore/F.Antonelli

“La notte è bella” è di M.Salvatore/O.E.Profazio

Musiche tratte dallo spettacolo teatrale Di Fame Di Denaro Di Passione con Sergio Rubini e la DauniaOrchestra

Foto interne “Archivio Rete Italiana di Cultura Popolare” (www.reteitalianadiculturapopolre.org)

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