Il ricordo di Greg Lake a Torino nel recital di Annie Barbazza e Max Repetti

Pubblicato il 18/01/2023

Argomento: Musica

Quale migliore modo per celebrare la memoria di Greg Lake (cantautore ma anche ex membro di band storiche come King Crimson ed Emerson Lake & Palmer) a sei anni dalla sua scomparsa? Con la voce di Annie Barbazza e il pianoforte di Max Repetti, senza dubbio.

Il Folk Club di Torino dalla programmazione assai curata e di rilievo, ha visto in cartellone il duo il 5 Novembre scorso ed è stato uno spettacolo assai emozionante, seguito a stretto giro (18 Novembre) dall’accurato booking a cura di Max Marchini e della sua etichetta Dark Companion che ha pure portato a Piacenza gli Henry Cow con il nome inedito Henry Now e dove ancora Annie Barbazza ha avuto modo di mostrare la sua raggiunta maturità di interprete e strumentista.

Mi limiterò con la presente a tracciare un ricordo fedele del primo dei due eventi, complice l’aver vissuto il recital in assoluta solitudine in quel di Torino e di aver trovato nello zaino che porto sempre con me appresso dei fogli di carta per appunti e una penna.

Un posto assai raccolto il Folk Club (con miriadi di fotografie interne a raccontare di esibizioni dei massimi nomi del jazz globale) con un pubblico silenzioso e altrettanto rispettoso. Pubblico proveniente da diverse parti dell’Europa in occasione di una serata che attesa in tempi pandemici dopo la pubblicazione del CD tributo a Lake a cura del duo, Moonchild, si è potuta finalmente manifestare nella sua trascinante emotività.

Per chi non lo sapesse, Annie Barbazza è cresciuta musicalmente appresso a Greg Lake e con lui si è andata definendo la scaletta e la modalità interpretativa dei brani qui eseguiti. Lake in primo luogo ma poi musicisti come John Greaves e il gotha tutto della musica rock globale (da Daniel Lanois a Paul Roland, passando per Fred Frith, senza dimenticare le sue collaborazioni su palco con gli Area, con Eugenio Finardi, Bernardo Lanzetti, Aldo Tagliapietra, giusto per fare qualche nome) hanno accompagnato Anna nella sua evoluzione come musicista e come professionista nell’arco di una decina abbondante di anni fino ad oggi consegnando al mondo tutto l’artista acclamata a cui oggi un tributo va riconosciuto.

Lake ha avuto a sua volta l’onore di ricevere la laurea ad honorem del Conservatorio di Piacenza nel 2016 e in quella occasione Annie e Repetti hanno dedicato al loro amico (che non poteva essere presente all’evento per condizioni di salute ormai difficili) un tributo che la Manticore italiana, di cui Dark Companion è una diretta filiazione, diffuse con questo video.

Da allora Annie è cresciuta in modo esponenziale ricercando la perfezione assoluta appresso ad una voce che è divenuta strumento dalle mille armoniche e sfumature. Uno strumento che comunque non ha mai smesso di lavorare appresso all’emozione che l’ha sempre contraddistinta come interprete pura prima ancora che come “cantante”. Un traguardo raggiunto e credo in modo inequivocabile questo video ne sia testimonianza.

A Torino è però il pianista Max Repetti che dà inizio a danze su tasti d’avorio toccati con grande grazia e senso di misura che rifugge da eccessi estetizzanti al favore della ricchezza armonica e la capacità di misurare il peso delle note come a raccoglierlo dall’aria con eleganza e carattere assoluti.

Si inizia con un estratto dalla celebre suite Tarkus che incontra la voce sul bellissimo tema di Stone of Years, segue Take a Pebble, ma è con il Medley successivo che Annie entra in perfetta sintonia con il suo suono vocale facendo della perfetta forma iniziale qualcosa che muove corde sopite.

Il primo apice è toccato senza dubbio con In the Wake of Poseidon, già magnifica nella pubblicazione in studio del 2018, dove le armoniche della voce, in leggerezza, si fanno incantate. E’ da segnalare come il canto sia stato tenuto per l’intero recital senza il minimo ausilio di effetti, neanche un vago riverbero estraneo a quello della sala. Le frequenze più gravi (Annie è un contralto di assoluta grazia), emesse di petto, risuonano davvero per chi è capace di ascoltare.

A questo punto è solo una sequenza senza fine di emozioni, la ballata anni 90 Farewell to Arms viene resa con grazia assoluta e qui la commozione è palpabile.

Il tocco di Repetti è assai sensibile, mai esibito. La voce si fa carico di tante sfumature ricordando le più grandi interpreti di adult pop venato di soul.

Sulla seguente Moonchild, dal primo capolavoro a firma King Crimson il canto in maschera accoglie centinaia di armoniche vellutate. Colpisce positivamente la pronuncia inglese di “garden” dal testo, dal sapore elisabettiano. Il fraseggio di Rapetti snocciola gocce di rugiada tra acciaccature.

E’ il pianista a proporre dunque un suo brano dal titolo Forever, esuberante e non estraneo alla poetica di Keith Jarrett, tra romanticismo e armonizzazioni leggere, frizzanti.

Si chiude il primo set ed è Annie ad avviare il secondo alla chitarra acustica, From the Beginning è il brano. Repetti rientra in sala in abito da gran gala, il suono diviene ritmico con Are You Ready Eddy? brano notoriamente dedicato dagli Emerson Lake & Palmer al produttore Eddie Offord nel lontano (?) 1971. Il risultato è una restituzione del pezzo alla sua natura di rock ‘n’ roll originario. Le corde vocali false di Annie aggiungono un carattere più corrusco all’atmosfera.

E’ piacevole oltremodo constatare l’assoluta scioltezza del duo che dialoga con empatia su palco.

The Endless Enigma si palesa con armonizzazioni impalpabili, mirabile il fraseggio in Medley che la lega a Memoirs of an Officer and a Gentleman.

C’est la Vie viene presentato come brano dedicato ai nati in Novembre (Lake, nacque il 10 Novembre del 1947, Keith Emerson il 2 dello stesso mese, Marchini festeggia gli anni il 18 del mese autunnale). L’interpretazione così come su disco è superba, tra leggerezza e pieni armonici di assoluta rilevanza.

Seguono Lucky Man e una poetica restituzione di In the Court of the Crimson King, spogliata del suo sinfonismo in studio e trasformata in qualcosa che ha l’intimità di un recital di matrice classica, con frequenze vocali gravi in corda a far da ponte ad un’applauditissima 21st Century Schizoid Man.

Tutto molto meglio dal vivo rispetto alla pur e giustamente acclamata versione studio. Finale con estratto da Pictures at an Exhibition durante questi giorni pure in scena all’Auditorium in Largo Mahler di Milano proprio in chiave rock, a ricordare quanto la memoria di un genere come il progressive rock sia rimasta collettivamente legata a quella di un’espansione culturale unica e indelebile nel contesto delle musiche popolari tutte.

Viene annunciata la celebre ballata The Sage, indimenticabile melodia di Lake incastonata nel mezzo della suite di Modest Petrovič Mussorgskij, il cui Boris Godunov quest’anno tanto ha fatto discutere nella prima al teatro a La Scala di Milano. Qui la costante ricerca di Annie sui suoni a laringe libera su frequenze gravi crea una sorta di cavea su cui il suono si appoggia e trova puro velluto, restituito in note tenute a lungo e nelle melodie di maggiore respiro. L’interpretazione è pura emozione, magnifica. Le progressioni armoniche di Repetti conducono in modulazioni al finale della celebre suite: The Great Gates of Kiev. Il finale declama gli emozionanti versi “there’s no end to my life, no beginning, there is life” con grande energia e apertura di suono.

Inevitabile la richiesta del bis, benvenuto con Welcome Back My Friends, energico, ancora a ricollegarsi a quel rock ‘n’ roll che gli Emerson Lake & Palmer ben conoscevano.

Molto belli i vocalese che Annie qui impiega per adagiarsi sui fraseggi di pianoforte. Gran chiusura in acuto e tutto si riallaccia alle progressioni armoniche e alle ritmiche tipiche del primo jazz, prima di individuare in Dave Brubeck quella percussione classico-contemporanea tanto amata da Keith Emerson.

Il secondo bis richiesto dal pubblico è I Talk to the Wind, ma è con C’est la Vie che il duo sceglie di congedarsi dal pubblico prima di lasciare spazio a un’ulteriore versione del finale da I Quadri a un’Esposizione.

L’osservazione unica che posso muovere rispetto a un recital come questo e dopo aver visto Annie letteralmente condurre al pianoforte e alla voce, con carattere vero gli Henry Now al Teatro President di Piacenza su Little Red Riding Hood Hit the Road del Maestro Robert Wyatt come fu su Concerts della storica band di Rock in Opposition, è che da tempo è in circolazione un’artista autentica di cui si parla ancora troppo poco. Che Max Repetti sia il perfetto supporto al suo talento, al pari dell’amorevole cura con cui Max Marchini segue i musicisti di cui si fa portavoce.


 

Annie ha mostrato a Torino di cantare Lake con una proprietà tecnica che di Lake non era. Il caso dell’allieva che supera il Maestro in qualità timbrico/tecnica (le poetiche per quanto legate sono ovviamente e per fortuna differenti e su quelle non si possono fare confronti, sarebbe oltre che improprio di pessimo gusto) e nonostante tutte le critiche noiose di un pubblico che nell’idolatria di chi è stato seminale per l’evoluzione della musica non vuole vedere oggi nuove leve. Poi la capacità di trasmettere è cosa che è appartenuta a Lake in modo genuino, come oggi è per Annie e quell’emozione al pubblico è arrivata a Torino in una sera d’autunno come una carezza gentile, che appaga la memoria ma soprattutto fa sperare in un futuro in musica non appannaggio delle sole mode musicali in voga in Italia. Su quale fondamento? Una certezza concreta che ha un nome: Vive, primo autentico ed equilibratissimo album da compositrice di Annie a cui va il mio più sincero plauso, in circolazione dal 2020 e il cui acquisto è da parte mia caldamente consigliato.