Antonio Francesco Quarta

Amores de Tierra

Recensione
Pubblicato il 01/09/2015
Voto: 6.5/10

Per la prima volta in Italia qualcuno dedica un intero disco all'opera di Atahualpa Yupanqui, il poeta dei campesinos. Finalmente! Ci ha pensato la voce di Antonio Francesco Quarta accompagnato alla chitarra da Dino Doni: artisti, come parecchi in questi ultimi tempi, provenienti dalla Puglia che si dimostra una volta di più terra sensibile. Negli anni, molti hanno omaggiato il grande vecchio della pampa: Gato Barbieri, Victor Jara, Inti Illimani, Mercedes Sosa, Lila Fernandez, Suma Paz, Angel Parra, Lidia Borda, Bia/Lhasa de Sela, ma in Italia solo Paolo Conte, Daniele Sepe e Vinicio Capossela l'hanno talvolta citato. In "Amores de Tierra" la selezione dei brani privilegia essenzialmente il tema dell'amore per la propria terra e per le proprie radici e sembra cercare le sue similitudini con quella del Salento e con la sua storia passata di miseria e sfruttamento (vedi l'opera di Matteo Salvatore) e quella attuale che parla di quotidiani sbarchi di immigrati e di barconi rovesciati. Le canzoni di Don Ata raccontano della vita dura degli indios e delle ingiustizie subite, delle morti dimenticate e senza nome del sud del mondo. La voce a dorso di mulo di questo trovatore senza età, di questo vagabondo senza biografia dalla faccia che pare scolpita nella pietra , così ci canta: "...il mio cuore è pesante, mi impedisce di volare ai piedi del tempio di Pachacùtec; perché farmi soffrire così? Solo l’albero gli rispose, l’albero di nome Juan: ”neppure io ho mai imparato a volare, gli uccelli crudeli fanno il nido fra i miei abbracci ma sempre infine volano via”. E il suo canto vale più dell'oro delle miniere perchè è guidato dagli occhi del cielo, cresce da radici disperate, da muscoli, lacrime, carbone e sale. Il suono poi, delle sue inimitabili corde, è quello delle Ande profonde a nord delle solitudini di Catamarca e Tucumàn, quello del pianto delle spighe a Campo de la Cruz, della canna da zucchero che cresce nella chocarera. Nessuna musica più di quella di Atahualpa Yupanqui ha saputo toccare il cuore di tutti: ad ascoltare le sue note d'oro che galoppano nelle vene delle rocce rosse indigene nella "Danza De La Paloma Enamorada" o nella "Danza Del Maiz Maduro" capisci che sei davvero al cospetto del suono della chitarra di un dio. Non dimenticherei che i testi di molte delle sue canzoni sono opera della penna di Pablo Del Cerro, pseudonimo di Antoinette Paula Pipino Fitzpatrick (Fanny, per i suoi amici), la moglie di Atahualpa (che a sua volta aveva scelto di chiamarsi così in onore all'ultimo sovrano inca). E in queste liriche, le tracce di lingue antiche rimangono aderenti alle leggende: "Io sono la Cordigliera, il fiume e il huanaco, sono la terra e la savana d'oro, il prodigioso mais e l'orzo azzurro. Hai mai visto qualcosa di più potente della mia grande speranza? E conosci più del mio silenzio? Io, che non ho salvato dall'ombra che una manciata di bambini, colore di eternità, di bronzo e di pietra, a te li affido, fratello bianco. Aiutali a rialzarsi! La terra è così vasta, come la pena indiana. "

Per chi fosse interessato al cd: info@antoniofrancescoquarta.com

Antonio Francesco Quarta - Amores de Tierra