Susanna Parigi

L’insulto delle parole

Recensione
Pubblicato il 24/11/2009
Voto: 9/10

L’insulto delle parole: un abuso dei nostri tempi!

L’insulto delle parole” è un disco ambizioso, estremamente ricercato, che vola alto e che lascia il segno, non solo nella carriera artistica della musicista fiorentina Susanna Parigi, ma nell’intero panorama musicale italiano, lo dico subito a scanso d’equivoci prima di dilungarmi su intenzioni e contenuti del disco.

A proposito di intenzioni, vorrei subito lasciare la parola a Susanna Parigi che nel comunicato stampa a corredo del disco afferma:

«Percorrere la storia di una parola è come scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti. La parola ha una potenza smisurata, a volte può fare la differenza tra vivere o morire. La parola può dare la sensazione di appartenere a qualcos’altro, una folla, un esercito, un’ideale. Può comandare, contrattare, illudere. La parola è sacra. Le parole ingannano. Qualcuno ha detto “Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt’al più ne muterà il nome”. Ecco l’insulto di cui ho sentito esigenza di scrivere oggi, forte, violento, talmente evidente che è un dolore terribile accorgersi che dai più non è visto. Non l’utilizzo del potere della parola a propri fini, tema vecchio come il mondo, ma il cambiare nome alle cose o cambiare le cose mantenendone il nome. Cambiare nome alle cose. Creare frastuono, confusione, incapacità di reazione. Ci vuole molto tempo prima che ci rendiamo conto di una trasformazione. Nel frattempo siamo già stati divorati. Le parole possono essere l’inferno e “due modi ci sono per non soffrire” scriveva Calvino. “Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio”. Non per l'impossibile ci dovremmo affidare ai sogni, ma per sognare il possibile, tentare di ridare forza a una parola ormai assolutamente priva di significato per ricostruirla, per ritornare a “fare” la parola».

Forse a qualcuno sembrerà eccessivo l’aver riportato per intero il pensiero dell’artista ma mai come in questo caso è secondo me fondamentale cogliere le vere intenzioni che hanno mosso l’artista ad affrontare temi così importanti e con un taglio così profondo ma mai noioso o pesante, anzi ricco di spunti poetici, inoltre mai come in questo caso ritengo che intenzioni e risultati vengono a coincidere, ma qui siamo già ai contenuti.

Fermiamoci invece ancora alle suggestioni che hanno mosso Susanna Parigi ad intraprendere questo arduo percorso, ecco un’altra frase direi molto eloquente riportata sempre nel suddetto comunicato:

«Non datemi l’amore, non il denaro, non il lavoro, non la famiglia, non la giustizia… quello che voglio è la verità» (Henry David Thoreau,  dal libro “ Vita nei boschi”)

Non è stata certo pensata e scritta di questi tempi ma penso che sia più attuale che mai, se solo ci mettiamo a guardare la televisione per qualche istante, indipendentemente dal canale su cui siamo sintonizzati, è facile imbattersi in qualche acceso dibattito in cui tutti sembrano aver ragione, dove la parola è abusata e violentata, dove i concetti anche più elementari sono trasformati e travisati e direi che se spostiamo il discorso alla parola scritta la situazione non cambia, il peggio, però è che si è talmente assuefatti da questo malvagio modo di ragionare o meglio di sragionare, che quasi quasi, non ce ne accorgiamo neppure più o forse, accettiamo subordinatamente, questa logica perversa.

Ancora due parole di elogio le voglio, però spendere sul libretto, di un’accuratezza indicibile, che riporta i testi delle canzoni sia in italiano sia in inglese ed è ricco di raffinate foto in bianco e nero che ritraggono Susanna in grande forma, bella a dir poco.

Segnalo poi la presenza a fine disco di un video clip in cui alcuni ospiti prestigiosi come Kaballà, Pino Arlacchi, Lella Costa, Cesare Fiumi, Leonardo Manera, Corrado Augias, Andrea Pinketts, Bruno Renzi hanno voluto esprimere il loro pensiero sul tema dell’insulto delle parole.

Queste dicevo, le premesse, ma come è svolto il tema o meglio come sono affrontati i tanti e complessi temi in gioco, da Susanna Parigi?

Beh, per l’occasione Susanna si avvale ancora una volta, nella stesura di quasi tutte le canzoni della collaborazione dell’artista catanese Kaballà, anche se per tre canzoni si muove in perfetta autonomia e si avvale in tutto il disco dell’Arkè String Quartet, un quartetto d’archi di grande efficacia e tecnica sopraffina, qui arrangiati da Valentino Corvino.

Non è da sottovalutare poi la presenza della stessa Parigi che si alterna con la medesima efficacia tra pianoforte, fisarmonica e clavicembalo.

Il risultato che ne esce è strabiliante perché il disco, pur profondamente pensato e ripensato, non appare mai freddo, anzi sa coinvolgere l’ascoltatore, con sprazzi di pura poesia a tratti davvero toccanti.

Susanna Parigi nel primo brano “L’insulto delle parole”, già uno dei vertici del disco, affronta il tema dell’amore indomito, vissuto a tutti costi, capace di soffrire e non posarsi mai “Non si stanca questo cuore, / continuerà la corsa / e dolendo mi segue, / non vede, non sente il rumore / né l’insulto delle parole”.

Nella successiva canzone “Non chiedermi parole d’amore” c’è il tema dell’amore che manca, di un rapporto in cui c’è solo il sesso e l’accorato canto di Susanna si chiude su questi versi “Ma il sesso è finzione o forse il più alto grado di sincerità? / Nessuno sa / perché siamo soltanto metà, / nessuno sa / o solo Dio?” e la parola Dio è quasi solo sussurrata, quasi con timore.

Nel brano “Fa niente (una vita perfetta)” dalla cadenza sincopata, è affrontato invece il tema del dolore, della disperazione che può portare nei suoi estremi anche alla morte, è uno splendido ed intenso brano interamente scritto da Susanna, ispirato a “Il suicidio” di E.Millay ed è cantato con vivo sentimento e forte pathos, si chiude tragicamente così, con questi ormai distaccati versi “Da sola io venni, / da sola riparto, / così dissi alla vita / e smisi / senza rimpianto”.

Con “L’attenzione” si torna al tema dell’amore, un amore fatto di dedizione, di fedeltà infinita, di indicibile abnegazione fino ad invitare l’amato a “rinunciare col silenzio / all’ultima delle parole / e che sarai un bambino / e piangerai su lei / come un fedele prega abbandonando il cuore / in braccio a Dio”, siamo alla sublimazione dell’amore che è fede ed abbandono.

La fiorista” è canzone il cui testo è tratto liberamente dagli scritti di Simone e Rillar Dei Fiori, vi sono accostate parole come “respiro, cammino, parlo, osservo, ascolto, penso, prego, arrabbio, amo” che racchiudono in se il senso di un’intera esistenza, vi è ancora il senso del dolore che perché vissuto è capace di dare nuova forza “Ora sono forte. / Sono invasa dai sensi del mondo, / ho provato il dolore del mondo, / questo è il mio privilegio. / Ho già perso, ho già dato / E non mi aspetto un ritorno”.

In “Il raro movimento” Susanna Parigi affronta con grande profondità di pensiero il tema dell’amore che sa cambiare l’individuo, che sa avvolgerlo ma anche travolgerlo perché “L’amore quando t’incontra / ti altera la vita / dimenticata, / congelata,

sopravvissuta” e perché “Tutte le cose della vita / sono incatenate, / innamorate / e insieme tradite”, certo siamo ben lontani dall’abuso che quotidianamente è fatto della parola amore.

Un altro punto alto del disco è senza dubbio “C’è bisogno di tempo” una magnifica riflessione di Susanna sul concetto del tempo, un bene prezioso che non siamo più in grado di cercare ed apprezzare, di utilizzare senza cercare inutili scorciatoie, perché dice nella canzone “Ho bisogno di tempo / per rifiutare, per fare tutto l’amore che serve, / per convincere il dolore, / per pregare, / per sapere che cosa dare, / cosa non voglio dire” e E’ ora di essere meno elegante, / meno benparlante, / meno consonante, / meno deodorante, rassicurante, / meno tollerante / per massacrare l’ipnotico insulto / costante delle parole”, ecco così tornare il tema della prima canzone che è poi il collante dell’intero lavoro.

Ecco poi “Una basta”, un’altra grande canzone sul tema della morte, anche intesa come morte della parola, con un recitativo liberamente tratto da “Apostrofe all’uomo” di E.Millay in cui troviamo ancora passaggi come questi “Impossibile la parola, / in effetti è quasi nuda....”, “Siamo immersi nell’assenza, / prigionieri di un’altra lingua...”, “insulta con le tue parole di menzogna” per finire con questa amarissima conclusione “produci, spingi, usurpa, espanditi, annientati, muori uomo sapiens”.

Il tutto si chiude con “L’applauso (la parola che uccide)”, i tempi cambiano come canta Susanna “Da forche e dannati, / gladiatori e polvere, / ai grandi cori / temibili /di stadi politici. / Da streghe sul rogo, / tra indulgenze e santità, / a passerelle anoressiche / e mamme euforiche” e “Da gobbi e giullari, / tra miseria e nobiltà, / ai ciarlatani mediatici / tra servi e complici. / Da nani e castrati, / clandestine umanità / ai nuovi maghi dell’anima / tra volto e maschera”, ma una cosa non è cambiata, ogni spettacolo ogni forma di potere ha bisogno del consenso di chi assiste ed allora molto ironicamente eccola cantare “Miei signori / adesso comincia / il divertimento / Miei signori / e questo è il mio applauso per voi adesso... per voi adesso”.

Anch’io non posso che unirmi agli applausi di Susanna Parigi ma fatti senza alcuna ironia a questo magnifico lavoro di un’artista certamente sofisticata, ma di grande spessore, con una voce ed un modo di cantare raffinato e del tutto personale che non può lasciare indifferenti.

Il mio augurio è che non sia solo il sottoscritto ad accorgersi del suo talento, ma che possa finalmente affermarsi come merita.

P.s. Ho volutamente tralasciato di citare la splendida cover “La canzone dei vecchi amanti” solo perché è l’unica canzone non opera della cantautrice fiorentina e non certo perché non valida, anzi è perfettamente inserita nel contesto dell’intero progetto che ha come caratteristica peculiare una forte coesione di stile.

 

Susanna Parigi - L’insulto delle parole

Susanna Parigi

L’insulto delle parole

Cd, 2009

Brani:

  • 1) L'insulto delle parole
  • 2) Non chiedermi parole d'amore
  • 3) Fa niente (una vita perfetta)
  • 4) L'attenzione
  • 5) La fiorista
  • 6) Il raro movimento
  • 7) C'è bisogno di tempo
  • 8) La canzone dei vecchi amanti
  • 9) Una basta
  • 10) L'applauso (la parola che uccide)
  • 11) Clip video: L'insulto delle parole

Informazioni tratte dal disco

Susanna Parigi: voce, fisarmonica, pianoforte e clavicembalo
Arkè String Quartet
Carlo Cantini: violino
Valentino Corvino: violino
Sandro Di Paolo: viola
Stefano Dall'Ora: contrabbasso

Ivan Ciccarelli: percussioni
Matteo Giudici: chitarre
Alice Bisanti: viola
Aurora Bisanti: violino

Yuriko Mikami: violoncello

Produttore esecutivo Marcello Corvino

Produzione artistica Susanna Parigi e Stefano Barzan

Registrato, mixato e masterizzato presso lo studio Barzan di Milano da Stefano Barzan e Sebastian Castro (archi).

Testi e musiche di Susanna Parigi e Kaballà tranne: “Fa niente”, "C'è bisogno di tempo" e "Una basta" testo e musica di Susanna Parigi; “Il raro momento” di  Susanna Parigi, “La canzone dei vecchi amanti" di Jacques Brel, Jouannest, Sergio Bardotti e Duilio Del Prete

Fotografie di Max Chianese

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