NoIndex: la sintesi di visioni future
È un suono che si proietta nel futuro sfoggiando un pop d’autore per niente facile da etichettare, attento ai dettagli, ai modi, in cerca di una potenza cinematica che trova e celebra dentro i video ufficiali che troviamo in rete. C’è un concept preciso e assai interessante dietro l’esordio del progetto napoletano dei NoIndex. Si intitola “3024”, scritture che cercano di raccontarci una delle possibili soluzioni future: un mondo privo di emozioni. Sembra richiamare alcuni cliché di grandi pellicole del genere ma qui Francesco Paolo Somma (voce, autore dei testi e compositore) e Cris Pellecchia (bassista, compositore e arrangiatore dei brani) - in collaborazione con Gianfranco Balzano in qualità di live producer e sound engineer - sfoggiano un disco decisamente accomodante, capace di mettere in comunicazione chi al pop chiede le solite abitudini ma anche chi al suono vuole la proiezione di vedute altre. C’è il futuro: ma forse non siamo ancora in grado di toccarlo con mano. Ci fermiamo a parlare proprio con Francesco Paolo Somma… c’è un mondo intero dietro…
Si parla di un futuro senza emozioni. Ampiamente trattato dalla letteratura cinematografica anche… la radice della vostra ispirazione?
Sì, è vero. Non ci nascondiamo dietro il fatto che la distopia abbia radici molto forti nella letteratura e nel cinema. Da Orwell a Philip K. Dick, da Black Mirror a Blade Runner, ci sentiamo inevitabilmente figli di quell’immaginario. Ma nel nostro caso, l’ispirazione nasce anche da qualcosa di molto personale. Il futuro che raccontiamo in “3024” non è solo una proiezione fantasiosa, ma un’allegoria del presente, della sua anestesia emotiva, dell’iperconnessione che ci isola. Non è un esercizio di stile: è un tentativo di raccontare cosa succede quando l’umano viene messo da parte, quando l’interiorità viene ridotta a un errore di sistema.
Mi chiedo sempre se certe visioni del futuro siano dettate da concretezza del presente. Magari qualche luogo o qualche incontro specifico…
Assolutamente sì. “3024” nasce da un dialogo interiore, ma anche da un confronto molto concreto con il mondo che ci circonda. Napoli, ad esempio, ha una duplice natura che ci influenza tanto: da un lato è visceralmente umana, emotiva, fuori controllo. Dall’altro, è anche immersa in una crisi sistemica che ci parla di abbandono, di spaesamento, di futuro incerto. La visione di Ataraxia, l’IA che domina il nostro racconto, nasce da questo conflitto. E c’è poi un aspetto biografico: i rapporti umani che si sfilacciano, la difficoltà di comunicare, l’ansia del controllo... sono tutte esperienze che abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
La copertina: la circolarità di volti che diventano anonimi, ripetitivi, uguali. L’omologazione e la perdita di identità sono altri ingredienti del futuro?
Sì, e sono anche il cuore pulsante della distopia che raccontiamo. L’identità, oggi, è sotto pressione. Abbiamo la sensazione che tutto venga misurato, classificato, replicato. Persino le emozioni. La copertina, con quella serie di volti che si fondono in un unico loop visivo, vuole proprio suggerire la perdita di riconoscibilità. Chi sei, quando tutto ciò che provi è mediato da un algoritmo? Chi sei, se non puoi più distinguerti dal rumore collettivo? “3024” è un viaggio per ritrovare quella parte di noi che abbiamo lasciato indietro.
Un EP che darà poi seguito ad un progetto più ampio?
Sì, assolutamente. Questo EP è solo il primo atto. Lo abbiamo concepito come un prologo narrativo, una mappa emozionale da cui partiranno altri capitoli. Abbiamo in mente un Album che porterà avanti la trama, ma anche altre esperienze dal vivo e multimediali. “3024” è un ecosistema narrativo, non solo una raccolta di brani. E questo per noi è fondamentale: vogliamo creare un dialogo continuo tra suono, parola, immagine e corpo.
I video sono altamente curati, complimenti. Anche questa è una direzione del vostro suono. Immagino ad un film o ad un cortometraggio finale… voi?
Grazie. Sì, l’aspetto visivo è per noi imprescindibile. Io mi occupo in prima persona della realizzazione dei videoclip, utilizzando strumenti di int
elligenza artificiale come Midjourney e Runway. Ogni video è pensato come un cortometraggio a sé, ma allo stesso tempo è parte di un’unica narrazione coerente. Il nostro sogno, ovviamente, è arrivare a un film, o a un’opera audiovisiva immersiva. Non tanto per autocelebrarci, ma perché “3024” è un mondo, e questo mondo ha bisogno di essere esplorato da più prospettive. Siamo solo all’inizio.